"I testamenti di Matteo e Andrea Scolari (1426)
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I testamenti di
Matteo e Andrea Scolari (1426)

Nell’insieme delle carte di Badia dell’Archivio di Stato di Firenze sono contenute le Litterae Familiarum – Le Lettere delle Famiglie. Alla S si trovano quelle dei Soderini, le cui informazioni sono state usate per lo studio della costruzione della Madonna della Pietà di Bibbona (1482) (1) e, pochi inserti prima, quelle degli Scolari, altra casata fiorentina di rilievo, la cui storia è sempre interessante da leggere (come faremo ora).

Siamo negli anni Venti del Quattrocento. Gli Scolari che stavano avendo fortuna all’epoca erano il celebre Filippo di Stefano – Pippo Spano (1369-1427) –, condottiero tenuto in gran considerazione in Ungheria dove in pace e in guerra serviva re Sigismondo (1387-1437), Matteo suo fratello e mons. Andrea di Filippo, loro cugino.
Questo perché Filippo, a suo tempo, aveva beneficato la famiglia chiamando i parenti in Ungheria e procurando loro posizioni redditizie. Matteo, pratico delle armi era anche despota di Rascia, mentre Andrea, di carattere meno bellicoso, era dal 1409 al servizio della Chiesa come vescovo di Varadino.
Ne era conseguita, nei riguardi del congiunto, la riconoscenza, che dovette manifestarsi in più occasioni e anche nel gennaio 1426 quando Matteo e Andrea fecero redarre i loro testamenti dichiarandolo erede universale. Morirono lo stesso mese ad anno e nel dicembre anche Pippo Spano passò a miglior vita senza averne eseguito la volontà principale: quella di edificare due conventi camaldolesi presso Tizzano (la loro patria) e Vicchiomaggio di Greve in Chianti. L’impegno sarebbe poi ricaduto sui fidecommissari consoli dell’arte di Calimala. Dopo varie traversie (diventate argomento di studi), negli anni Trenta, con fra Ambrogio Traversari, l’eredità sarebbe stata dirottata verso la costruzione della Rotonda di Santa Maria degli Angeli, opera di Filippo Brunelleschi (2).
Tornando al 1426 e ai testamenti, le Litterae conservano un foglio di quattro pagine scritto, forse su commissione di Pippo Spano ancora vivente, da Benedetto di ser Guido (Masi) che segna in parima pagina “le sustanze in quello ch’elle restano sbatutone gli incharichi dell’eredità di messer Matteo e messer Andrea Scholari”. Il loro valore complessivo era stimato fiorini 9225.
Riporta poi il principale compito da eseguire post mortem:
“... a ffare due luoghi di frati e ave donare loro la vita loro i luogho a Vicchio e l’altro a Tizano e questo l’à(n)no a ffare i chonsoli dell’arte di Chalimala che chosì è pel testamento di misser Matteo e misser lo veschovo ... e poi aute per dispensatione del papa che ne possano da questi due luoghi farne uno ...”. Seguono considerazioni sulle “bolle di chorte chosteranno il più fiorini 600 e prove dell’arte dichono di fiorini 300”.
Il compimento di questo progetto avrebbe preso 4-5 anni di tempo e fra altre cose e obblighi ci sarebbero voluti fiorini 5600.
Restavano netti fiorini 3625.
Erano cifre molto alte, già per un convento solo. Ancor di più se fossero stati due. Si doveva allo stesso Pippo Spano la richiesta alla corte pontificia dell’autorizzazione ad accorparli.

Nella seconda pagina del foglio sono segnati in dettaglio i beni di Matteo:
– Un “palagio dove abitava posto in Firenze nel popolo di san Brocholo” [San Procolo, oggi via Giraldi] di stima e valuta fiorini 3000.
– Una casa “con botegha atta a malischalcho dietro al detto palagio”: ne ricavavano di pigione fiorini 7 l’anno, valeva fiorini 150.
– Due case dietro il palazzo nella stessa via in San Procolo, appigionate, di stima di fiorini 200 e fiorini 300 e altre tre casette nel chiasso dietro al palazzo spigionate, e di stima fiorini 200.
– Seguono, di gran valore, i beni in campagna: l’abitazione “da signore chon luogo da lavorare, è posta in quello di Champi luogho dito al Fornelo con 3 poderi in detto luogho la quale abitazione e poderi à preso Tommaso Borghini in paghamento di fiorini 900 che avere da misser Matteo per drapi a llui dati vagliono detta posisione e poderi molti più assai ma non se ne può fare chonto se non quando Tomaso fusse paghato”.
Seguono ancora:
– quattro poderi a Tomerello di Campi avuti da Antonio dell’Ugna fiorini 2000.
– Un luogo “da abitare atto a ffortezza posto nel popolo di San Piero a Ema luogho deto al Prato con 3 poderi e j fornacie” tenuti da Niccolò del Bellaccio e un podere a Colle dell’Antella, entrambi obbligati a vita di “madonna e delle figliuole”, cioè della moglie Piera di Catellino Infangati e delle figlie (quindi da non valutare).
– Un podere a Grezzano di Mugello e pezzi della terra a Scarperia.
Benedetto di ser Guido elenca poi i depositi in banca fatti da Matteo insieme a Filippo al Monte Comune (fiorini 331 circa) e al Monte dei Prestanzoni (fiorini 360 ) con in più il vescovo Andrea.
Altri 22 debitori erano i lavoratori delle possessioni; seguono Antonino di Fronte di Piero – “è ccome la sentenzia data pe’ gli uficiali di popilli” –, Spina d’Azolino, Piero della Rena e fratelli – fiorini 500 “questi gli lascia misser Matteo a j figliuola di Piero e però nogli ò” –. Si sommavano alle masserizie e argenterie di valore in mano di Piera.
Infine debitori in sospeso erano Niccolò Serragli, Giovanni del Bellaccio e gli eredi di Vieri Guadagni.
In fondo alla pagina si elencano le possessioni a vita di madonna Piera:
– “un luogho d’abitare” nel popolo di santo Stefano a Tizano;
– quattro poderi senza nome;
– un altro podere con buoi e “preste di lavoratori” a Meleto nel popolo di santo Andrea a “Strata” comprato dall’erede di Pardo Alamanni.
La somma “di quello che ssi vede che e rimaghono per la sustanza delle rede di misser Matteo le chose che rimanghono libere che non sono obrighate” ammontava a fiorini 6550.

La terza pagina comprende “i lasci del testamento”:
– “Al munistero di santa Maria degli Agnoli fiorini dieci d’oro ...
– Allo spedale di Santa Maria Nuova fiorini sedici d’oro...
– A maritare fanciulle in tutto fiorini trecento d’oro ...”.
Sono i primi lasciti. Seguono quelli a vari destinatari: la compagnia di santo Stefano a Tizano, suora Caterina degli Altoviti nipote, suora Caterina Infangati badessa in San Francesco, Sandra figlia di Piero della Rena per maritarla (v. sopra), la moglie Piera per la restituzione di dote, compensando con gli argenti in suo possesso, e i creditori Tommaso di Domenico Borghini, Niccolò del Bellaccio, Alessandro d’Ugo e compagni ritagliatori per i panni del funerale, Niccolò d’Andea Carducci e compagni ritagliatori per altri panni pagati da Piera, Dino di Monte orafo, Andrea di Lodovico beccaio, Betto di Lucca beccaio, Papi di Giovanni legnaiuolo al Canto de’ Pazzi, Nello da Sangimignano, ser Cristofano da Laterina pagato da Piera, Vieri Guadagni e compagnia e Baldinaccio di Catilino Infangati (cognato di Matteo).
Le passività ammontavano a fiorini 1585.
Restavano al netto fiorini 4965.

Nella quarta pagina Benedetto annota quel ha trovato “dell’eredità di “Andrea veschovo di Varadino la sua sustanza e gl’incharichi ...”.
Ricorda una casa posta nel borgo di San Pier Maggiore, da dare a “madonna”, una possessione a Vicchio Maggio con otto poderi e un mulino comprata dai Gherardini, due poderi a “Fabricha, furono di sua antichità, àgli monna Ghostanza in vita di lei” (era la sorella), due casette “nel Borgho di Gieri ebonsi de’ Gili”, due case sulla piazza di san Benedetto ebonsi da’ Gili” lasciate dal vescovo a monna Costanza a sua vita, una chascinelluccia della Scala ebene charta il veschovo da Piero Ghuidi stava cho’ llui” e altro.
Il vescovo aveva come debitori: Francesco e Niccolò Tornabuoni e compagni per prestanze e maritare fanciulle “e per pagare a chonpimento il chomune di Firenze”, Lorenzo di messer Gherardo Buondelmonti e Bardo de’ Bardi, gli eredi di Gherardo di Gherardo vochato Aiullo Buondelmonti e Tommaso di Zanobi di ser Gino “per resto di fiorini 400 tratone fiorini 120 ebono i chonsoli per maritare fanciulle”, Baldinaccio di Catelino Infangati, gli eredi di Antonio di Piero di Fronte – per “draperie” –, Simone di messer Andrea Buondelmonti e fratelli, Giovanni del maestro Niccola Falcucci.
Totale dei crediti, tra buoni e cattivi, fiorini 5980.
I debiti e i lasciti di mons. Andrea riguardavano sempre le doti per maritare le fanciulle povere – “fiorini 30 per una” da spendere da parte dei consoli –, lo spedale di santa Maria Nuova per “letta fornite ... fiorini 30 l’uno” in tutto fiorini 300, Giovanni di ser Caciotto per denari depositati presso di lui anche in Ungheria, la sorella Costanza con l’usufrutto dei due poderi di Fabbrica, l’Agniola figlia di Domenico d’Andrea lanaiolo sorella di messer Andrea canonico, le figlie d’Ugolino di Noldo Gherardini, maestro Alessandro di messer Antonio Buffone per maritare la sorella, Papi di Salvestro Manini e Niccolò Biffoli.
Totale dei debiti del vescovo: fiorini 1720.
Restavano netti in tutto fiorini 4260.



Parte della prima pagina scritta da Benedetto di ser Guido.


Note
(1) “Vittorio Ghiberti architetto” di Giuseppe Marchini, 1962 e il mio “Note a ‘Vittorio Ghiberti architetto” pubblicato su Academia.edu nel 2019.
(2) v. tra l’altro Katalin Prajda, “The Florentine Scolari Family at the Court of Sigismund of Luxemburg in Buda”, 2010, e Florio Banfi, “L’Oratorio degli Scolari di Firenze”, 1941.


Paola Ircani Menichini, 8 maggio 2020. Tutti i diritti riservati