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Contelda da Querceto (1292)


Contelda di Guglielmo visse ai tempi di Dante e, pur non conoscendolo, con il Poeta condivise i principi gerarchici medievali e una nuova sensibilità religiosa che la sua società iniziava ad apprezzare. Fu la vedova del “milites” (= cavaliere) Bernardino da Querceto di Val di Cecina. Forse un po’ avanti negli anni, il 23 febbraio 1292 fece redigere a Volterra il suo testamento dal notaio ser Giovanni di Buoninsegna che lo annotò in un registro oggi all’Archivio di Stato di Firenze.
In particolare istituì con l’atto un fidecommissario, cioè una persona di fiducia alla quale demandare la custodia dei beni e la loro destinazione secondo le sue volontà dopo la morte. E poiché aveva stima dei Frati Minori, conferì l’incarico al padre guardiano del convento di San Francesco di Volterra pro tempore.
Fece principiare le su disposizioni ricordando gli enti ecclesiastici a lei vicini. Ovvero volle far fare una pianeta e offrirla alla pieve di San Giovanni Battista di Querceto, dare il suo contributo alla "iscialbatura" (= imbiancatura) della chiesa di San Biagio del luogo e far rifare il muro della chiesa di San Michele di Montaneo se fosse andato in rovina. Né si dimenticò dei poveri di Querceto.
In secondo luogo ebbe a cuore le istituzioni religiose volterrane, in ossequio al legame che nel Medioevo univa i milites del castello alla città. Dispose pertanto di far dare varie somme di denaro alle Opere del Duomo, di San Michele, di San Pietro di Porta a Selci, di Sant'Agostino, di San Francesco, di San Marco, di Sant'Alessandro, di San Giovanni di Orticasso, di San Martino, di San Giusto e all'abate di San Giusto.
Destinò altro denaro all'abate di San Pietro a Monteverdi, agli Eremitani di Sant'Agostino, ai frati di San Francesco e in particolare a frate Ugolino nato Ventrelli al quale si sarebbe dovuta pagare una “capa sive tonica” (= cappa ovvero tonaca).
Si ricordò anche degli enti di beneficienza, usando la particella”aut” (= oppure in latino) stabilendo che il suo letto “cum farsis sive foderibus albis et capitalem dicti lecti et unum par lentiaminum novorum cum sua coltre panni albi” (= con imbottiture o foderature bianche e il capezzale del detto letto e un paio di lenzuola nuove con la coltre di panno bianco) era da destinare o all’ospedale della Misericordia “Pauperum” di Sant'Angelo o a quello di Santa Maria o a San Lazzero (“infectis” = agli infetti), tutti di Volterra, o alla casa dell'ospedale di Radicondoli (SS. Simone e Giuda), che lei stessa aveva fondato nel 1291.
Inoltre dette disposizioni su due pezzi di terra nel piano di Querceto presso il fiume Cecina, il primo a “Campectri” e il secondo a “Tegolaio”; in una aggiunta in calce all’atto vendette al genero Nerio di Rustichino altri quattro appezzamenti nelle pendici del castello, a Collezori, e delle vigne a Filicaia.
Contelda, che doveva essere vedova da molto tempo, infatti ricordava un’unica figlia di nome Ghita (diminutivo di Margherita) moglie del suddetto Nerio. Con il testamento la nominò erede universale dei suoi beni immobili e mobili. Le lasciò anche il suo letto con il capezzale migliore, con la tenda e il “fischonem” (= materasso), il suo soppedano, cioè il baule-scrigno, con tutti i panni e le cose dentro, altri due soppedani vecchi, una madia, quattro “vegetuncolas” (= botticelle), una tinella, due vecchi “scanna” (= banchi?), un “cathabum” (sic, ?) e altre suppellettili presenti nella sua casa di Querceto.
Lasciò a Ghita la medesima casa, che era accanto alle mura e nella quale abitavano due nipoti – Duccia e Ghita figlia di Bindo Bifulchi – forse nullatenenti, raccomandando alla figlia di consentire loro di dimorarvi, se lo avessero desiderato. In più destinò loro alcuni frutti dei suoi beni.
Dispose anche delle modeste somme di denaro per il figlio di un certo Forte assolvendo così al desiderio del marito defunto Bernardino, per Dino di Prese, per Becca un tempo sua servente, per Fuccio da Querceto e per altri.
Quando fece scrivere il testamento si trovava a Volterra nella casa del genero; aveva accanto come testimoni Comuccio del fu Ranieri, Taviano di Corsino, Cecco di Ranieri Bachini, prete Iacopo nato Leonardi, Bardino di Feo, Perino di Rainaldo e Giovannino di Giovanni.

Paola Ircani Menichini, 5 luglio 2019. Tutti i diritti riservati.


L’inizio del testamento di Contelda di Guglielmo.