Colognole e Torricchi-Gabbro al tempo dei Gualandi (1360)
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Colognole e Torricchi-Gabbro al tempo dei Gualandi (1360)


Alcuni documenti visti di recente riportano chi scrive agli studi di qualche anno fa e ai luoghi che ne erano oggetto. Sono ritorni al punto di un cammino da ripercorrere volentieri anche all’indietro e riguardano, in questo caso, Colognole e Gabbro, antichi castelli medievali tra la Val di Tora e la Val di Fine, costruiti sui Monti Livornesi con affaccio sulla via Emilia (oggi nei comuni di Collesalvetti e Rosignano Marittimo).
La loro storia nei secoli di mezzo si lega a Pisa e a Porto Pisano, prima che cedesse il posto a Livorno. Siamo, ovviamente, in un’epoca in cui in Toscana avevano gran valore i poderi e i boschi, i torrenti, le vie di campagna e simili.

Il documento da cui prendere spunto è una pergamena notarile contenente una transazione di terre e denaro, avvenuta nel 1360. Vi si parla della famiglia Gualandi di Pisa che a Colognole ebbe possessi fino al Seicento.

Dunque, da questo lungo documento, si apprende che Opizo del fu Pietro di Opizo dei Gualandi della cappella di san Cosimo di Pisa, era stato nominato procuratore di Fazio suo fratello con carta rogata da Bonaccorso notaio del fu Vanni “Helie” di Lari nel 1356 indizione IX decime calende di aprile (23 marzo 1356).
In questa veste, Opizo confessava che Fazio aveva ricevuto a mutuo (dalla somma totale di quattrocento fiorini d’oro), duecento fiorini d’oro per mano di ser Masino del fu ser Iacopo Aiutamicristo della cappella di san Pietro a Ischia di Pisa e da ser Giovanni del fu ser Cello dell’Agnello. La carta del prestito era stata rogata da Gerardo notaio del fu Giovanni Sassi da Vico nel 1360 indizione XIII “pridie none di febbraio” (4 febbraio 1360).

Opizo pertanto dava e consegnava a ser Masino e a ser Giovanni in saldo e pagamento del mutuo alcune proprietà di famiglia. Erano:
1) un pezzo di terra con casa e “claustro super se positum” nei confini di Colognole “plebanorum Portus pisani” (dei pievanati di Porto Pisano), il quale teneva entrambi i capi e un lato nelle vie pubbliche e l’altro lato nella terra di Opizo.
2) la metà di un pezzo di terra con sopra case terrestri poste nei confini di Colognole luogo detto Chiasso Nero con un capo “in strata publica qua itur Marictima”, capo e lato nel fiume “Savanani” (oggi Savalano) e l’altro lato in una via pubblica. Siamo sulla via Maremmana allora detta “strata” (= lastricata), forse ancora quella con il percorso più antico. I luoghi dovrebbero corrispondere a quelli prossimi al Marmigliaio, dove ancora oggi alcune vie incrociano la Regionale 206 (via Emilia) e vanno nei Monti Livornesi o verso le Colline Pisane (Provinciale 37).
3) la metà di un pezzo di terra con casalini sopra posto nei detti confini e luogo con un capo in via pubblica, l’altro capo nel fiume, il lato uno nella “strata” e l’altro lato nella terra di Opizo (era vicino al secondo appezzamento).
4) la metà di un pezzo di terra con casa e “molendino ab acqua cum aqueductu macinante” posto nei confini del comune di Colognole in luogo detto Camorra con un capo in via pubblica, l’altro capo con ambo i lati nella terra boscata di Opizo e di suo fratello Fazio.
Il torrente detto oggi Morra, a nord di Colognole, fa parte del bacino della Tora. Il mulino ebbe vita lunga, se lo troviamo ancora negli Estimi dal Cinque al Settecento. Si potrebbe (il condizionale è d’obbligo) identificare con l’odierno podere Mulino della Rivolta.
5) un pezzo di terra nel comune di Colognole luogo detto Gamurrino con un capo nella terra di Puccino “Necti” dello stesso comune, l’altro capo nel Savalano, il lato nella terra di Opizo e l’altro nella terra della chiesa di San Pietro di Colognole.


6) Ma il possedimento più grande erano le:
– dodici parti e tre quarti e mezzo di 48 totali di “totus curie et castri Colognuli pleberiorum Pisani Portus, que curia tenet unum caput in confinis comunis Orciani et Scotriani [Orciano delle Colline] aliud caput in confinis comunis Piassani [San Lorenzo in Piazza] et partim in confinis comunis Popogne, latus unum in confinis comunis Sancti Reguli et partim in confinis comunis Parrane et partim in confinis comunis Pandoiani, aliud latus in confinis comunis Toricchi vel siqui alii ...” (e in altri non scritti).
Le quote si riferiscono a una corte di ampia estensione che di certo comprendeva le terre un tempo appartenenti al comune altomedievale di Colognole poi diventate possesso in parte dei signori pisani.
Il comune di Torricchi citato qualche decennio dopo lascerà la vecchia sede (oggi podere Torricchi) e si sposterà un poco più a meridione, con il nome di Gabbro.

Seguono nella carta le lunghe e poco interessanti formule notarili e di consegna ai prestatori.
Il rogito avvenne nel portico dell’abitazione di ser Masino nella cappella di San Pietro ad “Yschia”, con testimoni Rainerio di Neri del Testaio della stessa cappella e Raniero del fu Masino di Travalda.
La data è il 1361 indizione XIV “pridie none decembris” (4 dicembre 1360, secondo lo stile comune). Il notaio fu Giovanni del fu Guglielmo di Ripoli cittadino pisano dagli atti di Pietro notaio del fu Giovanni da Luciana.

I personaggi sopra ricordati associarono la loro storia a quella turbolenta della Pisa del tempo. Ebbero, come mercanti e come politici, una notevole considerazione che spiega bene il loro interesse per questa parte dei Monti Livornesi e per i suoi itinerari, non molto lontani dal mare e dai traffici relativi, e ingresso verso l’interno della Toscana.
Obizo Gualandi figlio di Pietro di Opizo e di Vannuccia di Guido da Caprona ebbe come fratelli il citato Fazio e Guido. La sua famiglia dimorò a Pisa in Chinzica presso il Ponte Nuovo e si legò ai conti di Donoratico. Il padre Pietro circa una trentina di anni prima aveva già acquistato delle terre a Colognole, come riporta un atto ancora inedito (che meriterebbe pubblicazione).
Opizo fu anche vicario a Pietrasanta nel 1369, su nomina dell’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, e podestà di Livorno e di tutti i pievanati di Porto Pisano nel 1370.

Ser Masino di ser Iacopo Aiutamicristo è ricordato come banchiere e rilevatore di crediti con una sua azienda nel 1354. Fu Anziano del Comune nel 1360.
Si legò strettamente a una delle due agguerrite fazioni cittadine, i Raspanti, che nel 1356 sconfissero l’altra dei Bergolini.

Giovanni di Cello dell’Agnello ebbe ancor più importanza nella storia cittadina. “Profittando dell'abbattimento dei Pisani, per la sconfitta toccata da Firenze, e dello sgomento dei Raspanti, che avevano promosso la guerra e temevano il prevalere della parte avversaria favorevole a Firenze ... con l'appoggio di alcuni Raspanti, di Bernabò Visconti, e soprattutto delle bande di Giovanni Acuto, si presentò il 13 agosto 1364 al palazzo degli Anziani e si fece nominare doge di Pisa” (così la Treccani).
Fu anche riconosciuto governatore generale di Lucca, che allora era sotto il dominio pisano.
Durante il suo (mal)governo si alienò tutti quanti, impose tassazioni eccessive, non seppe indurre i Fiorentini a ripristinare i loro traffici con Pisa. Nel 1368 cercò di appoggiarsi all’imperatore Carlo IV. Tuttavia nel settembre, mentre era a Lucca, la sua città insorse e ristabilì l'anzianato, cacciando i Dell'Agnello. Lucca, da parte sua, si proclamò indipendente. Giovanni tentò un nuovo colpo di mano su Pisa nel 1370, aiutato dal Visconti. Ne vide però il fallimento e si ritirò a Genova, dove morì nel 1387.

Paola Ircani Menichini, 11 dicembre 2020.
Tutti i diritti riservati.



Le fotografie, dalla prima alla terza pagina:
1) l’atto del 1360.
2) Particolare di una mappa del Catasto Leopoldino (sec. XIX) riguardante la zona del Marmigliaio.
3) Il podere Mulino della Rivolta, da Google, foto Gardens Hotels, settembre 2019.
4) 2) Particolare di una mappa del Catasto Leopoldino (sec. XIX) sulla zona del fiume Morra (Camorra).
5) Le righe della pergamena che ricordano Torricchi e altri confini della possessione di Colognole.