Il "Campo" di Pisa e Contessa di Albizone
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Il "Campo" e Contessa di Albizone


Campo è il nome della zona compresa nell’ansa dell’Arno che gira a meridione tra Mezzana da una parte e Santa Giulia di Caprona dall’altra.
Oggi è costituita da dei gruppi di case, da piccole imprese e da una campagna per lo più incolta con due laghetti vicini al fiume.
Il Comune è quello di San Giuliano Terme.
Tra Due e Trecento era organizzata in quattro distretti, preceduti nei manoscritti da “in confinibus”: San Giusto a Pozzo, San Vittorino, San Pantaleone e San Lorenzo.
Allora, in mancanza di ponti sul fiume, si giungeva dalla città a Campo da San Giovanni di Ghezzano andando verso nord e poi girando a sud.
O almeno fu questo il percorso che gli ignoti agrimensori fecero e riportarono una pagina dopo l’altra per compiere il loro mestiere, cioè misurare e valutare le proprietà del monastero di Fossabanda.
E giusto a Ghezzano segnarono il meritevole ricordo di un “sedium cum domibus solariata cum plana et puteo, frutibus et arboribus, vinea et pergulis, capo via pubblica dicta Carraia de Cruce”: ovvero una residenza con pozzo, alberi da frutto e altre belle cose posta sulla carraia di Croce.
Confinanti di distinzione erano allora gli Agliata che, con Iacopo, avevano donato un terreno alle domenicane.
Dopo Ghezzano, gli agrimensori passarono da Mezzana e entrarono dapprima a San Giusto a Pozzo di Campo, dove erano delle terre della cappella Santa Maria della Chiesa Maggiore e il luogo detto Sardina.
Annotarono anche un appezzamento lasciato per la quarta parte alle suore da Portigiana vedova di Ruberto Perazoni della casata Lei per testamento rogato da Giovanni del fu Bonagiunta notaio di Oratoio il 22 giugno 1288.
Ricordarono inoltre che altre tre parti erano state divise dalla donna con dom Clemente monaco di San Michele degli Scalzi.
Dopo la sua morte, Gregorio sindaco delle suore ne aveva ottenuto la pigione per il convento, con carta scritta da Betto notaio di Spina nell’agosto 1305.
Un altro pezzo di terra del luogo invece era rimasto “ex pecunia sororis Virginie de Manzoli monacha” e “pertinet solum a monasteri S. Cruce et S. Silvestri” (è senza data, ma con approssimazione siamo nel Trecento inoltrato).


Dopo San Giusto, proseguendo il cammino, i suddetti agrimensori entrarono nei confini di San Vittorino di Campo, e segnarono i luoghi Segaticcio e Strada, entrambi presso due vie pubbliche.
Riportarono nel registro anche un interessante toponimo, Ghiliperga, che rimanda a una signora di probabile ascendenza longobarda (la caratteristica p invece della b che avrebbe trasformato il nome in Ghiliberga).
Confinanti della terra descritta erano Iacobo Pattume notaio, Ferruccio di Burgundione e il monastero di Santo Stefano.
Burgundione (= Borgognone) forse fu in qualche modo legato per ascendenze all’omonimo famoso giurista e scrittore pisano morto nel 1193? O all’operaio del duomo Burgundio di Tado, contemporaneo al registro? Purtroppo non è noto, almeno per ora.
Tornando al registro, si legge che a San Vittorino seguiva San Pantaleone di Campo, dove erano i luoghi Vignali, Campora e i beni dell’arciprete Puccio di Ciolo e del monastero di Tutti i Santi (clarisse), oggi non più in essere.
Il santo martire che dette il suo originale nome al piccolo centro ebbe un culto antico e più diffuso di quanto si pensi (cfr.
a Venezia la maschera Pantalon de’ Bisognosi o i titoli di alcune chiese di Sardegna).
Originario di Nicomedia, visse nel IV secolo, esercitò la professione di medico per il cesare Galerio e per questo venne considerato patrono della categoria assieme ai Santi Cosma e Damiano.
Ma il perché avesse una chiesa a lui dedicata al Campo resta anche questo del tutto sconosciuto.
Si vede solo, leggendo, che erano modesti confini, dopo i quali si entrava in quelli di San Lorenzo di Campo, dove gli agrimensori segnarono ancora le Campora presso la terra della chiesa del posto, altri luoghi dal nome anonimo e la presenza di un cimitero.


Il registro diventa più interessante quando ricorda che la metà di tredici pezzi di terra citati a San Lorenzo “donavit domina Contessa relicta Ugolini Lornii et filia quondam Albizonis Cadere”, per carta rogata da Macario notaio il 4 settembre 1253 e firmata dalle suore.
Chi fosse Albizone de Caldera lo scrive Cinzio Violante in tre pagine in Economia e Società (42-44): un noto giurista e forse discendente di Pietro Albizone fondatore del monastero di San Matteo di Pisa.
Con il figlio Iacopo appartenne ai concittadini che nel 1228 giurarono la pace con Pistoia, Siena e Poggibonsi.
La sua famiglia fu anche vassalla dell’arcivescovo Vitale nel 1241.
In quanto alla data, 1253, ci dice che siamo vicini alla nascita del monastero di Fossabanda, tradizionalmente datato, in mancanza di documenti, ante 1324.
Forse Contessa ne fu proprio l’istitutrice, sulle orme degli avi che avevano voluto le benedettine in San Matteo nel secolo XI? Non è scritto, purtroppo.
Possiamo però pensare, considerando il caso, a una certa prudenza della donna.
Allora i tempi erano poco favorevoli ai religiosi per i contrasti che l’arrivo dei domenicani e dei francescani avevano suscitato nella Pisa ghibellina e per la morte, avvenuta solo pochi anni prima (1250) del loro grande nemico, Federico II imperatore.
Ovvero, pur immaginando le migliori prospettive per il futuro, Contessa aveva voluto assicurare al monastero dei beni conservando per sé la loro metà ... nel caso invece si fosse verificata la peggiore delle ipotesi ....

Paola Ircani Menichini, 14 agosto 2020.
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Del Campo parla indirettamente anche il Repetti, nel Dizionario, all’articolo sulla pieve di Santa Giulia a Caprona e sulle sue succursali:
“1. S. Biagio al Castello (di Caprona),
2. S. Vittorio di Campo,
3. S. Pantaleone [di Campo],
4. S. Martino a Crespignano,
5. S. Michele a Ghezzano,
6. S. Giovanni Battista,
7. S. Maria a Ghezzana,
8. S. Cristofano a Colignola,
9. S. Giusto di Campo (oggi Pieve),
10. S. Lorenzo di Campo.
“Attualmente (scrive negli anni Trenta dell’Ottocento) ... le chiese di Crespignano e S. Vittorio sono senza cura di anime; le altre furono date al plebanato di S. Giusto di Campo”.