Il cardinale Angelo Acciaiuoli a San Michele di Volterra
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Il cardinale Angelo Acciaiuoli a San Michele di Volterra


Il cardinale Angelo Acciaiuoli è ricordato nell’atto di un notaio del 27 settembre 1398. L’inizio del testo è simile a tanti altri con un “pateat omnibus evidenter quod ...” – “che sia manifesto chiaramente che ...”. Lo scritto mostra cancellature e correzioni e sembra più una minuta che una copia come lo sono altri del registro. Il notaio è Francesco di Cristoforo da Volterra (1367-1406) che nel contenuto rende manifesto come due ecclesiastici di rango:
- Iacopo degli Ugolini di Napoli canonico e tesoriere dell’arcivescovo “attenensis” (di Atene) nonché camarlingo del reverendo in Cristo dominus Lodovico da Prato per grazia di Dio e della Santa Sede apostolica vescovo di Volterra
- e Agostino Falchi di Firenze dell’ordine di San Benedetto del convento di San Bartolomeo della diocesi di Fiesole (la Badia) cappellano del detto reverendo padre.
Entrambi sono stati costituiti procuratori sostituti dal priore Giusto di Puccio di Volterra rettore della “cella” di Sant’Alessandro di Volterra, procuratore del reverendissimo dominus Angelo, cardinale dal titolo di san Lorenzo in Damaso, priore secolare della chiesa di San Michele di Volterra.
(Qui si apre una parentesi sull’accertamento della procura, redatta per mano di Hen(ri)ci Herdebel chierico “trasietensis” (sic!) il 26 aprile 1397 indizione V, pontificato di Bonifazio IX anno ottavo). Segue la constatazione della licenza concessa dai signori priori della città di Volterra il giorno 27 settembre per mano di ser Lodovico de “Interanne” loro cancelliere.
Quindi nel nome di Cristo, di sua Madre la gloriosa Vergine Maria e del beato Michele “sub cui vocabulo dicta ecclesia est fundata, et tote ecclesie glorie paradisi”, ha luogo il rituale della presa di corporale possesso nel temporale e nello spirituale della chiesa di San Michele da parte del cardinale tramite i procuratori suddetti.
In persona Ugolini e Falchi entrano manifestatamente nella chiesa tramite le porte pubbliche, aprendole e chiudendole, e con passi moderati si dirigono all’altare maggiore lasciando la porta (maggiore) aperta, si avvolgono con il palio dell’altare, mentre la campana suona, leggono i libri, vedono e toccano i calici, le pianete e le coppe sacre (brias sacras), cantano e salmeggiano in coro, siedono nello stallo del priore, entrano nelle case della prioria, aprendo e fermando le porte, e prendendo possesso di beni e masserizie. Considerano anche l’eventuale presenza di contraddittori (non ci sono) alla presa di possesso di San Michele.
Assistono come testimoni Bacciardo di Bartalameo e Paolo di Naccio.

L’atto e il cerimoniale sono evocativi. I personaggi descritti rimangono ancor più vividi e interessanti da studiare quando si apprende che non furono comuni presbiteri, ma ebbero gran rango e, grazie ai loro potenti referenti fiorentini e napoletani, altrettanta influenza all’interno della Chiesa cattolica e in alcune nazioni particolari.
Il vescovo di Volterra, Lodovico di Bartolomeo Aliotti da Prato, il 12 giugno 1392 fu creato vescovo di Atene, dopo che Neri Acciaioli, rappresentante di una potente famiglia di banchieri fiorentini, aveva comprato la città dai catalani e se ne era impadronito. Neri poi aveva indotto la corte di re Ladislao di Napoli a nominarlo duca di Atene, che era il titolo di uno dei regni cristiani formatisi dopo le crociate. Deceduto il suo protettore, il 17 giugno 1398, Lodovico era asceso al vescovado di Volterra, rinunciando al titolo ateniese (cfr. l’atto che ha un’aggiunta: “dom. episcopum Vulterre tunc (= un tempo) archiepiscopum attenensem”).
Non si sa se però il presule ebbe tempo di risiedere in città. Al tempo della presa di possesso non vi dimorava, tanto da aver bisogno del procuratore Ugolini. Nel 1399 sarebbe stato inviato da Bonifacio IX in Inghilterra come collettore della Camera apostolica.
Invece il priore di San Michele cardinale Angelo di San Lorenzo in Damaso (1340-1409), fu il fratello del duca Neri Acciaiuoli, manifestatamente ora nuovo protettore dell’Aliotti (il mondo era piccolo anche allora!). Era stato dal 1383 al 1387 vescovo di Firenze e aveva ricevuto la sacra porpora il 17 dicembre 1384.
I due prelati di rango vissero, assieme ai loro presbiteri e procuratori, tempi complessi e pericolosi, visti i continui cambiamenti di alleanze dei principi e dei loro banchieri, la presenza dell’antipapa di Avignone, i subbugli dinastici nel regno di Napoli per la rivendicazione da parte degli Angiò Durazzo con re Ladislao, principe titolare dell’Acaia, le minacce di Baiazzetto a Costantinopoli e ai commerci nel Mediterraneo e altro ancora.
Volterra in verità non sperimentò le guerre o i disordini connessi a tanti interessi, almeno quell’anno, ma dipese in vari modi dalle vicende di Pisa e di Firenze. Nel 1396, il territorio tra Colle Val d’Elsa e la città, dopo l’uccisione di Piero Gambacorti e la presa di potere di Iacopo Appiani, subì le scorrerie del condottiero Filippo Tibertelli che voleva riportare al comando la famiglia pisana perdente. Dopo il 10 settembre 1398, giorno della morte di Iacopo Appiani, lo stato delle cose era ancora mutato. Il figlio Gherardo, meno abile del padre, comprendendo come i Visconti volessero impadronirsi di Pisa, aveva tentato dei contatti con Firenze. Il 27 del mese – non ci sembra un caso – fu scritto il nostro atto della presa di possesso di San Michele da parte di un Acciaiuoli, che così posizionarono o confermarono i fiorentini in una città importante. Non molto tempo dopo (febbraio 1399) l’Appiani avrebbe veramente venduto Pisa ai milanesi, tenendo per sè, da qui in poi, Piombino, con alcuni castelli e l’Isola d’Elba con le miniere.

Paola Ircani Menichini, 5 giugno 2020. Tutti i diritti riservati.

Nella testata, la prima foto a sinistra appartiene al Messale del cardinale Angelo Acciaiuoli, conservato nel The Fitzwilliam Museum di Cambridge (UK).


VOLTERRA
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