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Il favoloso viaggio di Ferdinando nelle Indie occidentali

I Medici, nei tempi di maggior fasto detennero, oltre che cospicua ricchezza, rilevanti ambizioni, tra le quali il soddisfare la passione per le cose rare e preziose e partecipare agli eventi più eclatanti d’Europa, come i favolosi viaggi oltre l’oceano Atlantico.
L’aggettivo “favolosi” è appropriato, tanta fu la meraviglia che a Firenze e in Europa si provò dopo avere appreso i resoconti degli esploratori. Già il 18 luglio 1500 da Lisbona, uno di loro, il toscano Amerigo Vespucci, riguardo al secondo viaggio fatto per il re di Spagna, scrisse a Lorenzo di Pier Francesco dei Medici:

“Quello, che qui viddi, fu, che vedemmo una infinitissima cosa d’uccelli di diverse forme e colori, e tanti pappagalli e di tante diverse sorte, che era maraviglia; alcuni colorati come grana altri verdi e colorati e limonati, e altri tutti verdi e altri neri e incarnati; e il canto degli altri uccelli che istavano negli alberi, era cosa tam suave e di tanta melodia, che ci accadde molte volte istar parati per la dolcezza loro. Gli alberi loro sono di tanta bellezza e di tanta soavità, che pensammo essere nel Paradiso terrestre ...”.

Lo stupore, aggiunto anche alla possibilità di fare lucrosi affari, ebbe come conseguenza il fatto che i Medici desiderarono promuovere una spedizione verso le Indie occidentali. Abbandonarono però il progetto a causa delle leggi restrittive di Spagna e Portogallo, paesi ora prestigiosi per i loro porti sull’oceano e gelosi dei monopoli nel commercio e nelle dogane. Cosimo I e il figlio Francesco però restarono lo stesso attratti dalle scoperte continuamente divulgate.
All’inizio del secolo XVII il granduca Ferdinando I cercò di superare gli ostacoli e di fondare una colonia toscana nelle Indie occidentali, avendo interesse particolare nella ricerca di oro, di pietre dure e di legni pregiati per le manifatture.
D’altronde il traffico con tali luoghi si intensificava. Dall’Olanda, altro privilegiato paese sull’oceano, arrivavano continuamente buone notizie in tal senso. Ad esempio il 6 aprile 1603 il granduca ricevette una lettera sulle imprese delle Compagnia delle Indie Orientali fondata da poco tempo:

“Quanto poi a’ navilii ... si contano a migliaia non solo in questa città, ma per tutto il Paese, che se non lo vedessi mai lo crederei, parendo per tutto boschi, non ostante che per Danimarca, Moscovia, Norvegia, Italia, Spagna, Indie tanto orientali che occidentali, et Inghilterra, ve ne sia partite le centenaia, anzi le migliaia, et avanti hieri andai a vedere sette navi di cinquecento lastri luno, che s’allestiscano davanti questa città come fanno cinque simili in Roterdame Encusen et Zelanda per partire fra quindici giorni alla volta delle Indie orientali spediti da questa nova compagnia ... ”.

Così nel 1608 Ferdinando finalmente ruppe gli indugi e rivolse la sua attenzione al Brasile, in virtù di una Descrizione dell'America o vero Indie Occidentali fattagli nel 1604 da Orazio della Rena suo segretario in Spagna e su consiglio del mercante fiammingo di corte Van Harlem. Naturalmente incontrò la diffidenza di Madrid che controllava quei territori, ma che, a volte, il granduca aveva aggirato con imprese di contrabbando d’accordo con l’Olanda.
Nel 1608 però fece un salto di qualità e realizzò in segreto un viaggio proprio, affidandone la pianificazione a Robert Dudley conte di Warwick, il comando al connazionale Robert Thornton e la carica di commissari di bordo a p. Orazio Gennaini e a Vincenzo Tronconi.
L’8 settembre il galeone Santa Lucia Buonaventura e una piccola tartana, comandata da Giles Thornton (il fratello), con 49 uomini in tutto tra soldati e marinai, lasciarono il porto di Livorno verso il Sud America.
Qui il galeone si fermò 42 giorni al rio delle Amazzoni, 12 giorni alla Guiana, 10 giorni all’Orinoco e 15 giorni a Trinidad. Nei suoi ricordi Thornton (come riporta il Dudley in l’Arcano del mare) avrebbe descritto la Guiana di aria “saluberrima” e ricca di “legno versino in buona quantità, e delle canne salvatiche di zucchero, del pepe bianco, del legno pardo, della pitta, del balsamo, del cotone ...”. Vi si trattenne però poco tempo, costretto anche a sventare un ammutinamento di due marinai che volevano appropriarsi delle merci. Intrapreso il ritorno, sbarcò a Livorno nel luglio 1609. Trovò Ferdinando I deceduto e sul trono il figlio Cosimo II che il 22 luglio lo ricevette a corte. Lo ricorda il Diario di Cesare Tinghi (262r):

“A dì detto [Santa Maria Maddalena, 22 luglio] conparse a S.A. un capitano Tottone fransese [ sic! ] il quale era stato mandato dal gran duca Ferdinando nel Indie ocidentali con un vasello di vela quadra in luogo detto ***, et avendo fatto il suo viaggio in otto mesi e portato a S. A. a pre(se)ntare dua uuomini indiani et molte scimie et papagalli; e quali uuomini idioti come bestie”.

Certamente il Tinghi usò il termine “idiota” – che a un lettore di oggi può sembrare ingiurioso – con significato meno aggressivo, volendo definire una persona incolta e poco capace di ben ragionare. Comunque quelli che in realtà giunsero a Livorno furono in totale sei giovani indiani Caribi, la maggior parte dei quali morì di vaiolo e uno visse alla corte del cardinale dei Medici e imparò a parlare toscano (sempre secondo l’ Arcano del mare).

Cosimo II ebbe uguale ambizione e coltivò i progetti del padre, ma non riuscì a realizzare né il nuovo piano di Thornton del 1609 sul ritorno in Brasile con dei coloni italiani di Livorno e di Lucca, né un progetto parallelo già di Ferdinando I datato 1608 su un possedimento toscano in Sierra Leone in Africa.
Nel 1612 provò a pianificare la seconda spedizione verso il Brasile, ma si piegò alla netta e inappellabile opposizione della corona di Spagna.

Paola Ircani Menichini, 23 gennaio 2020. Tutti i diritti riservati


La carta di Robert Dudley sulla costa brasiliana.


Breve Bibliografia: G. G. Guarnieri, “L’ultima impresa coloniale di Ferdinando I dei Medici: La spedizione R. Thornton al Rio Amazonas, all’Orenoco, all’Isola Trinidad ...”, 1910 – S. Lamioni, “Di un tentativo della famiglia dei Medici di assicurarsi una colonia in Sierra Leone all’inizio del 1600”, in «Africa», Anno 48, No. 4, dicembre 1993 – C. Tazzara, “The Free Port of Livorno and the Transformation of the Mediterranean World”, 2017 – P. E. H. Hair e Jonathan D. Davies, “Sierra Leone and the Grand Duke of Tuscany”, in «Africa», vol. 20, 1993.