Il generoso soprintendente
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Il generoso soprintendente
Péleo Bacci cultore
di storia e di arte in Toscana


Péleo Bacci, con l’accento sulla prima “e”, come lui stesso si firmava, nacque a San Marcello Pistoiese il 17 maggio 1869 e si laureò in legge all’Università di Siena nel 1893. Seguì fin dalla gioventù la sua inclinazione per la storia e l’arte, lasciando presto la carriera di avvocato e pubblicando dei saggi di valore soprattutto in occasione di nozze di amici. Ebbe “carattere vivace – lo descrive G. C. nel necrologio sul Bullettino Senese di Storia Patria – spirito poetico, entusiasmi generosi, che lo spinsero spesso nella vita a accendere discussioni che talora gli procurarono dei nemici, ma che rivelavano l’acutezza dell’ingegno, la profondità della cultura e la prontezza tutta toscana della replica”.
Né gli mancò il coraggio materiale. Nel maggio 1897 partecipò alla spedizione garibaldina in Grecia e alla battaglia di Domokos in Tessaglia; quindi fu al seguito, come segretario, di Ferdinando Martini governatore in Eritrea e diventò commissario a Cheren (1900-1903), dove svolse con efficacia il compito affidatogli.

Ritornato in patria, entrò nei ranghi del Ministero della Pubblica Istruzione. Dal 1910 fu reggente della Soprintendenza ai Monumenti per le province di Pisa, Lucca, Massa e Livorno, appena istituita, e dal 1923 al 1941 dell’altrettanto recente Soprintendenza all’Arte Medievale e Moderna della Toscana – II, con sede a Siena.


In quest’ultima veste si occupò del restauro di monumenti di considerevole importanza, come l’abbazia di San Galgano, quasi in totale rovina (1924) e la cattedrale di Pienza (1932). Ebbe sempre cura, inoltre, di ricercare i documenti del passato sulle opere e sui luoghi dove i lavori da lui diretti erano intrapresi. Possedeva infatti “un gusto perfetto, un occhio acutissimo che gli faceva notare particolarità minime, una memoria per mezzo delle quale poteva scoprire affinità di opere lontane nello spazio e avere così la prima idea di nuove attribuzioni … e l’istinto de ricercatore di archivio e la pazienza di un certosino nello spogliare codici e manoscritti …”, come riporta il necrologio.

Morì a Siena il 10 febbraio 1950 dopo una lunga malattia. L’elenco dei numerosi suoi studi fu pubblicato lo stesso anno dal Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione. Tuttavia, nonostante vi appaiano lavori di grande interesse – commenta G. C. –, i suoi saggi furono accolti dal “silenzio quasi generale da parte dei critici” e non gli procurarono quella fama che sarebbe stato giusto tributargli almeno dopo la morte.


Oggi la sua figura esce un poco dall’ombra. I monumenti da lui curati ne testimoniano il valore e la visione. Vicino a Pienza, ad esempio, si occupò di un edificio sacro minore rispetto alla cattedrale, ma ugualmente di pregio: la pieve dei Santi Vito e Modesto di Corsignano.
All’interno dell’edificio, presso la porta, volgendo lo sguardo al muro dopo aver ammirato le tre navate e i loro archi disuguali, si può leggere una lapide in latino che lo ricorda. Ha la data del giubileo 1925 e fa memoria di come il preposto Francesco Bonsignori, il canonico Giovanni Battista Mannucci e “sollertia, ingenioque Pelei Bacci opus dirigentis arte” (l’opera di Péleo Bacci dirigente dei lavori con solerzia e ingegno) curassero di restituire alla pristina forma il tempio deformato dall’ingiuria degli uomini, la cripta fatiscente per la vetustà, adibita a usi profani, e la torre negletta, in rovina per la violenza delle stagioni. Ebbero un contributo in denaro da papa Pio XI, dal vescovo Giuseppe Conti e dalla famiglia Piccolomini.


La piccola pieve è diventata un’attrazione turistica della zona per la sua originale e evidente bellezza. Appare innanzitutto una costruzione particolare nel panorama toscano, essendo formata da strutture architettoniche di diverse datazioni. La torre campanaria cilindrica è di influsso ravennate, la facciata dell’XI secolo, con la parte destra rifatta nel secolo successivo, presenta archetti pensili e una figura muliebre che sorregge il pulvino della bifora. Notevole è la decorazione di effetto lombardo dei due portali. Intrecci geometrici e floreali sono riportati in quello anteriore e la rappresentazione del Viaggio dei Magi e della Natività nell’altro laterale.

Oltre che nella conservazione dei monumenti della campagna senese, si può trovare la memoria della gestione dell’ufficio della Soprintendenza da parte del Bacci nelle meno appariscenti ricerche di archivio. A Volterra, ad esempio, le carte di San Francesco ricordano quando il parroco camaldolese dom Andrea Taddei nel 1934 gli si rivolse per un contributo a sollievo della sua grande povertà di mezzi – comune a tante persone e istituzioni al tempo del fascismo. “Sono quattro anni che mi distruggo dal desiderio di circondare la gradinata di una cancellata di ferro ma la mia grande miseria non lo permette”, gli scrisse, informandolo anche che aveva fatto venire da Roma, per abbellire la chiesa, una copia del dipinto di San Romualdo di Andrea Sacchi, da lui fatto riparare perché un poco “sciupato”. Il soprintendente, che sapeva comprendere i suoi tempi e le difficoltà altrui, gli concesse subito 140 lire “a titolo di concorso nella spesa relativa al restauro”.

Lasciò le carte che possedeva all’Accademia degli Intronati di Siena e alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia.
Alcuni suoi taccuini di appunti e un buon numero di schede, dalla caratteristica scrittura minuta, si trovano nell’archivio della Soprintendenza di Pisa, città per la quale fece proseguire, tra il 1912 e il 1920, su iniziativa e richiesta del parroco don Luca Gelli, gli imponenti restauri della basilica di San Piero a Grado.

Pubblicato in Reality Magazine, 97, settembre 2020.

Paola Ircani Menichini, 27 novembre 2020.
Tutti i diritti riservati.



Le fotografia dall'alto verso il basso:
L’abbazia di San Galgano (da Wikipedia, autore Vignaccia76).
La pieve dei Santi Vito e Modesto a Corsignano (foto di P.I.M.).
La lapide sui restauri della pieve di Corsignano nel 1925 (foto di P.I.M.).
La pagina della poesia del Bacci "Due Novembre", 1950, da “Annibelli” (https://www.filastrocche.it/contenuti/due-novembre/). .