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L'abate, la badessa e Pratale di Pisa

Gli edifici di due monasteri medievali, San Zeno già dei Camaldolesi e Santo Stefano Oltr’Ozeri delle Benedettine, sono ancora oggi esistenti e abbastanza vicini in linea d’aria, anche se i palazzi, le case, lo stadio e le attività della zona limitano la percezione della prossimità.
San Zeno però fu un edificio sacro costruito dentro le mura, mentre Santo Stefano lo fu al di là della cerchia e del fiume Auser (da qui Ozeri), non molto distante dalla via diretta a Lucca e con le caratteristiche di un tipico monastero di campagna, con ospedale annesso, tra alberi, prati e capanne.
Nel 1447 i due istituti religiosi ebbero dei contatti per vicende di terre.

Fu infatti l’anno in cui la “venerabilis domina Pera figlia olim (***) abbatissa monasterii Sancti Stefani extra muros pisane civitatis ultra Ausserem una cum domina Mattea filia olim Martini memorarii et cum domina Brigida olim Reinerii Bartholomei pisanorum civium monialibus dicti monasterii” [come si legge nella scrittura incerta e corrosa del documento] ... convocarono il capitolo delle professe al suono della campanella e, congregate le monache, fecero presente come, dopo matura deliberazione e per utilità e comodo del monastero, su licenza dell’arcivescovo Giuliano de’ Ricci, fosse conveniente fare una permuta di terre con Benedetto abate di San Zeno.
Nell’atto citano tre loro appezzamenti contigui posti a Orzignano al Ponte di Bottano.
L’altro pezzo di terra da ricevere invece era un prato di San Zeno “in cappelle Sancti [sic, cancellato] Stefanii de Parlascium extra muros pisane civitatis in loco decto (***)” con un capo nella terra pratata degli eredi di Paolo da Cascina.
Il notaio rogatore era ser Clemente del maestro Simone Plastiari cittadino pisano [Gli asterischi della trascrizione indicano gli spazi in bianco nell’originale, e i corsivi la lettura incerta].
La nota è interessante in quanto si vede, leggendola, come Santo Stefano attraversasse un periodo di declino con gran probabilità dovuto alle lunghe guerre in Toscana e alle scorrerie nel pisano (l’ultima era stata quella dei napoletani di Alfonso d’Aragona, 1447-1448).
Essendo i passaggi delle truppe perniciosi per chi viveva isolato in campagna, le monache pensarono alla propria sicurezza, cercarono di rimediare e, con la permuta, abbandonarono delle terre lontane e ingestibili, acquisendo una proprietà vicina di maggior comodo e sicurezza.

Il monastero di San Zeno aveva anche un buon numero di terre poste “in Pratale extra muros civitatis pisane ...” (oggi via di Pratale).
Erano 30 appezzamenti quasi tutti contigui descritti in gran parte nel luogo detto La Chiusa.
Vi si trovavano campi e avevano sopra alberi, ulivi, viti e le immancabili capanne.
Al 25° pezzo di terra è ricordato: “Vigesimo quintum petium terre super quo est hedificium tegularie et domorum Gheri filii Bonaiunte de Mora et tenet unum caput in in Auzare quod dicitur la Fossa Corrente, aliud caput in via publica, latus unum in fossa et barbachanis pisanorum comunis, aliud latus in terra heredum Guidonis de Investito et est per mensuram staiora I panora X et conducet eum Gherus Bonaiunte de Mora”.
Ovvero, riassumendo, era presente sopra la suddetta terra una fornace e delle case di Gheri di Bonagiunta de Mora, mentre i confini erano quelli dell’Auser detto la Fossa Corrente, del fosso delle mura cittadine e dei barbacani [= strutture difensive aggiuntive].
Le descrizioni di altri pezzi invece menzionano la via Carraiola, il fosso del Comune presso la Chiusa, e la “strata publica porte Pacis” (della Porta della Pace).

Il 30° appezzamento era detto a “Ultr’Auzere seu in confinibus de Pratignione”, e aveva un capo nella terra di Giannino di Biaccuolo, l’altro capo nella terra dell’ospedale di San Zeno, il lato in “Ausere strata publica mediante per quam itur ad Monte Pisanum” e il secondo lato nella “via di Mezzo per quam itur in Pratignone” ... (che non è da confondere con l’omonimo Patrignone di Val di Serchio) .

Paola Ircani Menichini, 31 maggio 2019. Tutti i diritti riservati.

Santo Stefano Oltr’Ozzeri nel 2019; i particolari della mappe del catasto ottocentesco dove sono riportati Pratale e La Chiusa.