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Pisa zuccheri e giardini

L’impiegato licenziato.
Il 16 luglio 1754 il commissario di Pisa Pier Girolamo Inghirami si occupò di una modesta questione riguardante la Fabbrica di Zuccheri della città.
Si trattava dell’istanza fatta il 16 febbraio da un impiegato che vi aveva lavorato per tre anni e che era stato licenziato, certo Gaspero Unile o Unille.
Le informazioni prese dal commissario rivelarono però su di lui dei comportamenti impropri.
L’Unille “faceva vita scandalosa e reprensibile per le massime empie di materialità, che egli effrenatamente insinuava a questo a quello, e per le brighe e contese che giornalmente aveva, minacciando sempre ...”.
La carta riportava anche i nomi di alcuni soci dello zuccherificio: il marchese Nomis, il tesoriere Martin (Domenico) e Antonio Arbogaste.
Ma non era contro di loro che l’Unille aveva presentato istanza: il destinatario era Filippo Fabbrini, l’amministratore della fabbrica.
A lui chiedeva 60 scudi di rimborso ... evidentemente per andarsene in modo tranquillo.
Fabbrini in altri documenti appare un personaggio di una certa importanza nel granducato.
Ebbe il ruolo dal 1754 al 1766 di “consigliere aulico e ministro palatino”, cioè di incaricato degli affari in Toscana dell’Elettore Carlo Teodoro duca di Baviera († 1799).
Aveva sposato anche la baronessa Ernesta Eisenberg che gli dette un figlio, Pompeo Francesco, nato nel 1767.

La sede dello zuccherificio.
Un indizio del luogo dove sorgeva la sede si trova in una carta della città del 1793 riportante la via gli Zuccheri, oggi via del Giardino.
Non era lontana da piazza del porto delle Gondole e da un canale che era utilizzato per trasportare le merci (zuccheri compresi), sulla via d’acqua collegata all’Arno.
Lo conferma un secondo documento sempre del commissariato, ma di argomento diverso.
Si tratta di un esposto fatto da “Francesco Dreoni e soci” contro il cavaliere Albizo Lanfranchi Rossi che aveva affittato allo zuccherificio parte del suo fatiscente palazzo.


Nel contenuto ricordava qui una dissestata “volta dell’andito del Giardino, siccome il terrazzo che è sopra alla medesima minaccia un’imminente rovina ...”.
Essendo infatti il terrazzo da utilizzare per disporvi il prodotto da imbiancare nelle “adeguate stagioni”, l’esposto veniva presentato per intimare al proprietario di restaurarlo a sue spese, facendogli presente l’impedimento “della raffineria delli zuccheri” e i danni se “per tal causa restasse sprovvista di zuccheri la Toscana ...”.

Le sentenze.
La vicenda finì nei tribunali.
Le carte relative della Ruota Fiorentina ripercorrono la storia dello zuccherificio, fondato nel 1744 per opera di una “compagnia di negozio” sotto il nome di Leopoldo Frizzi e soci, favorita da una concessione imperiale di privativa di 15 anni.
Liberata quindi dalla concorrenza – con l’eccezione dei produttori di confetture, di giulebbi (bevande dolci) e di canditi – la ditta aveva avuto il permesso di introdurre in Pisa l’arte di purificare e chiarificare gli zuccheri “all’uso di Olanda e Venezia” e di commerciarli a forma di “pergamene”.
Frizzi e soci pertanto avevano preso in affitto in via “di Santa Marta, o sia del Giardino” alcuni edifici malmessi e bisognosi di restauro appartenenti a Albizo Lanfranchi Rossi.
Avevano cinque stanze e, a terreno a levante, due camere che corrispondevano sul giardino grande del proprietario.
La pigione annua fu stabilita in scudi 72, senza alcun rogito di locazione.
Pare però che venisse scritta dal Fabbrini una minuta con la quale la compagnia si impegnava a restaurare le stanze e a scalare dalla pigione le spese sostenute, anticipando il denaro per i lavori.
Installava così nel luogo fornelli, cassoni, pile, piloni e metteva su un capannone.
Tra 1753 e 1754 nacquero le controversie.
Senza andare in dettaglio, il Lanfranchi Rossi presentò istanza al tribunale per la pigione mai corrisposta e Fabbrini e lo zuccherificio cercarono di dimostrare che essa era stata anticipata e impiegata nei restauri.

La prima sentenza dette ragione al proprietario; la seconda del 1774 del Magistrato dei Pupilli ribaltò il giudizio.
Essendo deceduti i vecchi ‘attori’, interessò gli eredi Federigo Lanfranchi Rossi e il minore Pompeo Francesco Fabbrini tutelato dalla madre Ernesta Eisenberg.
L’ultima sentenza del 1791 riconobbe un credito a Lanfranchi Rossi e impose il pagamento al Fabbrini.
Lo zuccherificio comunque non continuò l’esperienza pisana.
Mantenne la conduzione dei locali del palazzo di via del Giardino dal 4 agosto 1744 a tutto luglio 1766.
Dopo di che se ne trovano solo le notizie legali.

Paola Ircani Menichini, 31 gennaio 2020.
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Note:
(1) Filippo e Giovanni Fabbrini, Antonio Arbogaste, Domenico Martin e Bartolomeo Mesny sono ricordati nella fondazione di un compagnia a Firenze nel 1751, v. G. Lastig, "Markenrecht und Zeichenregister: ein Beitrag zur Handelsrechtsgeschichte ...”, Niemeyer, 1889.
(2) "Selectae almae rotae florentinae decisiones ...", Tomi 1. 6, 177 ss.; Decisione CCCCXVI, Leopoldo Frizzi e compagni, protezione e privilegi concessi da Francesco I – Decisione XLII, "Pisana locationis super fructibus melioramentorum” del 6 maggio 1786.

Le immagini a partire dalla prima pagina: via gli Zuccheri nella carta del 1793; un brano dell’esposto Dreoni; via del Giardino nel Catasto ottocentesco.