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Il teatro di via La Rosa (1755)
e l'opera buffa a Pisa


Via La Rosa (oggi Livia Gereschi) non fu molto antica, a quel che si può supporre leggendo le carte dei carmelitani che qui possedettero una casa a due solai, con pozzo, pila e cantina al piano della strada.
Era detta “dietro al convento di S. Matteo”, forse a indicarne la precisa ubicazione ai dubbiosi.
I frati avevano comprato l’edificio dal caporale Iacopo di Giovanni Staggi per prezzo di 170 ducati, contratto rogato dal notaio Lorenzo Baccetti il 6 ottobre 1717.

Il Teatro di via La Rosa.
Di certo la via prese importanza nei decenni successivi e vi si costruì pure un teatro del quale parlano le carte del Commissariato.
Avvenne infatti che il 14 settembre 1755 gli “Accademici della Società del Teatro di via La Rosa” facessero fare intimazione, notifica, protesta e ricerca nei confronti di un certo Antonio Martini di Pisa, forse il loro impresario.
Nel termine di tre giorni lo stesso avrebbe dovuto adempiere ad un capitolo fatto in una scritta del 10 ottobre 1753 confermato il primo giugno 1754.
In caso contrario non sarebbe stato tenuto a fare alcuna spesa, o “danno”, o a pretendere gli utili che gli accademici avrebbero conseguiti “nelle recite che si fanno e si faranno nel presente anno in questo Teatro Pubblico”.
Firmarono Mattia Labardi, Niccodemo Manzi, Giuseppe M.
Lenzi, Raffaello Graziosi e Ignazio Piccioli, “agente della suddetta Accademia e di commissione degli altri soci non sottoscritti”.


Dopo la notifica (6 settembre), il Martini replicò dichiarandosi sciolto dalla società, eccetto l’interesse che aveva nel teatro di via La Rosa, dal quale non intendeva andare via, ma “stare alle convenzioni e utile già fermato tra dette parti”.
Non sappiamo altro della lite (e del teatro).
Tra i soci, Mattia Labardi faceva di mestiere il falegname, di certo utile per l’installazione delle scene.
Invece Niccodemo Manzi e Giuseppe Lenzi, “Accademici Risvegliati”, nell’estate del 1754 ebbero una scrittura per recitare nel dramma in musica Perseo, opera prima del librettista pisano Carlo Giuseppe Lanfranchi Rossi († post 1786).

Una compagnia itinerante.
Il 13 luglio 1754 i teatranti furono di nuovo protagonisti di un esposto.
Comparvero davanti al Commissario di Pisa gli interpreti Giuseppe Cimino, Pietro Canovai e Pasquale Valerio per citare il loro associato Girolamo Cordella in quanto si era “fatto lecito di fermare i quartieri [= fissare gli alberghi] in Livorno per il ricovero dei rappresentanti la compagnia, che deve far le recite nel futuro autunno in quel teatro” e là aveva ingaggiato “qualche virtuosa di canto e di ballo”, senza “deferire al consenso ed approvazione degli signori comparenti ai quali spetta la notizzia di tali impegni per essere persone componenti la società ...”.
Fecero pertanto una intimazione al Cordella, non accettando quanto da lui concordato, e per il futuro gli imposero di far riferimento al socio “Domenico de Amicis ... direttore e provveditore, come pure cassiere ed arbitro nelle firme, sì dei virtuosi come degl’appalti e di tutto ciò che possa abbisognare per le recite”.
Dichiararono inoltre che, riguardo agli accordi reciproci, che non era stata firmata alcuna convenzione e nemmeno i “giusti riparti” dell’utile o del danno, e pertanto lo stesso avrebbe dovuto restituire il “disteso” di dette convenzioni e riparti, altrimenti i soci si sarebbero sentiti sciolti dall’obbligo di presentarsi di persona a Livorno per le recite.


La vicenda non è ricordata da altri scritti, ma dovette avere un buon epilogo, se quegli anni i suddetti interpreti stettero ancora insieme sulla scena a Pisa e altrove, riscuotendo successo tra il pubblico e considerazione nell’ambiente dell’opera buffa.
In particolare il cantante Domenico de Amicis marchigiano, soprannominato il Napoletano perché esordì a Napoli nel 1740, fu noto oltre che per la voce per la capacità organizzativa, tanto da giungere e calcare le scene di città quali Parigi, Amsterdam e Londra (tra 1759 e 1762).
Si esibì il più delle volte con la figlia soprano Anna Lucia che nel 1772 Mozart volle a Milano a cantare nel Lucio Silla.
Girolamo Cordella di Napoli invece fu maestro di cappella e in quegli anni mise in musica un buon numero di commedie.
Nel giugno 1754 nel Teatro Pubblico di Pisa rappresentò, con i De Amicis (padre e figlia), il Cimino e il Canovai, Il finto turco – forse proprio la commedia da mettere in scena a Livorno in autunno.
Pietro Canovai fu scritturato anche per l’opera La Madamigella, musicata dal Cordella, da eseguire nel teatro di San Sebastiano di Livorno nel 1756 e per Il Mercato di Malmantile di Pietro Gaetano Viviani da farsi nel teatro del Cocomero di Firenze nel 1758.
Fu a Barcellona con Le Pescatrici e Il Filosofo di campagna nel 1761.
Anche Giuseppe Cimino interpretò diversi lavori teatrali tra i quali il Pompeo Magno in Armenia, messo in scena a Roma nel 1755, il Livia Claudia vestale sempre a Roma lo stesso anno e La Maestra a Mantova nel 1756.
Lo ritroviamo con Pasquale Valerio, forse l’impresario della compagnia nell’allestimento a Cremona de Il Re Pastore nel 1756.

Paola Ircani Menichini, 20 dicembre 2019.
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Via La Rosa nel Catasto ottocentesco.