Gradite lettere del botanico di corte
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Gradite lettere del
botanico di corte


Sono conservate nell’Archivio di Stato di Firenze nel Mediceo del Principato, alcune lettere del botanico naturalista Luca Ghini (Casalfiumanese, Imola, 1490 - Bologna, 1556), dirette a autorità della corte medicea.
Fu, questo personaggio, un importante scienziato, lettore di botanica presso lo Studio di Pisa e qui, presso San Vito e gli Arsenali, fondatore dell’«Orto dei Semplici», il più antico di Europa (1543), al quale seguì quello di Firenze (1545).
Ebbe passione per il suo mestiere e grandissima cultura. Fu tra i primi a dare importanza agli erbari didattici costruiti con il metodo della essiccazione tra fogli di carta e curò sempre durante i viaggi di reperire e far portare agli orti le piante rare o poco conosciute.
Così scrisse in una delle sue lettere, datata 22 gennaio 1553 (s.c.), destinatario Pier Francesco Riccio, maggiordomo del duca Cosimo. Ghini vi descrive – al lettore sembra quasi a immagini –, gli esemplari visti presso le farmacie dei conventi di Toscana e d’Italia:



«Quando la state [estate] passata fui a Val Ombrosa [Vallombrosa] a Camaldoli [eremo] et alla Vernia [La Verna dei francescani], notai alcune piante quali desidero che sieno qui nel giardino [Orto Botanico di Pisa] di sua eccellenza et ho scritto a quelli frati di Val Ombrosa e di Camaldoli che voglino mandarle con diligenza a Fiorenza et indrizarle a vostra signoria [Pier Francesco Riccio] perché ella darà comissione che mi sieno mandate qui a Pisa, il che quando fossero inviate a vostra signoria la prego che voglia esser contenta di fare».
Quindi descrive per primi il ribes e il crespino:

«Et perché alla Vernia è copia grande d’un fruttice che volgarmente si chiama ribes, il quale fa la foglia quasi come le raze [razze] che fanno le mora et fa grappetti come d’uva che maturi sono rossi et hanno un sapore brusco molto piacevole, et cavano mirabilmente la sete quando sono maturi, et rafrenano la colera.
E però comunamente si fa del suo sugo siropo usato da’ medici nelle febre maligne et nei flussi. Tal frutice per questo è utile, et oltre a ciò è molto bello alla vista.
Et nel stato d’Urbino per esserne coppia [abbondanza] su certi delli suoi monti, ne fano nelli giardini bellissime siepi.
Quivi ancora in un prato che si ritrova a man sinistra [***]ci che s’arivi al convento di poco spazio è coppia grande d’un’altro frutice chiamato dalli medici e spetiali berberi [berberis o crespino], il qual è spinoso et fa la foglia et il fruto di sapore acetoso. Et è frutice alla vista molto agradevole et il suo fruto è di valore simile a quel del ribes. La foglia, oltre che può servire a molte cose in medicina, è anco buona, havendo ella sapor brusco molto piacevole da far salse et altri savoretti [sapori, condimenti].
Sono alla Vernia molti di quelli asinazzi [giudizio poco lusinghiero sui frati], o per parlar più modestamente fratazzi che conoscono l’uno et l’altro.
Parendomi che nel giardino de’ Piti [Boboli a palazzo Pitti] o a Castello stariano bene alcune siepi di cotali frutici ne ho voluto dar informatione a vostra signoria hora che la staggione è commodissima da piantare, acioché parendole la possa mandarne a cavare molte piante.
Ma perché quelli frati sono asinissimi in cremesino [nel conoscere il colore rosso vivo], seria bene che volendone vostra signoria coppia la mandasse colà uno che ne facesse con diligenza cavare quella quantità ch’ella volesse».

Ghini parla poi dei melagrani selvatici visti a Volterra, a Roma e a Ferrara:

«Non voglio anco mancar di avisarla che su quello di Volterra in molti luoghi sono melagrani salvatichi che producono fiori poco minori che sieno i fiori di certe malve che si coltivano nell’horti fatti a similitudine di rose et folti di molte foglie, tali sono i fiori di quelli melagrani ma d’un rosso più aceso che il cremesino. Né io ho mai veduto frutice che alli miei ochii più agradi et piacia di quello. Et è per far spaliere potendosi agevolmente piegare molto commodo. Già per haverne una pianta qui nel giardino l’haverei volontieri comprata X scudi. Et a fattica con grande arte ne potei haver una pianta da Roma et un ramo da Ferrara, il qual fece le barbe et è molto più bello che quello ch’hebbi con le barbe da Roma, il che ho voluto dirle perché la sappia che è arbore che facilmente si propaga».

Quindi ricorda il platano, dimostrando la sensibilità dell’appassionato che si dispiace del degrado delle piante fatte giungere a Pisa con fatica e difficoltà.

«Hora desidero che l’aviso di tre sì belle sorte di piante guadagni da vostra signoria doi piante di platano, perché una sola che era qui nel giardino è stata X volte scavezza [scavata] et finalmente estirpata. Et quando vostra signoria sapesse il cordoglio ch’io patisco quando vedo guastare alcune piante che con tante fattiche e difficultà ho fatto portare in Pisa, so che la direbbe che delli miei peccati non dovrei patire altra penitenza percioché questa li parerebe bastevole a gran somma di peccati, siché la prego che per sua cortesia voglia farmi questa gratia aciochè il giardino qui non manchi di pianta sì dalli scrittori celebrata ...».


In una lettera dell’11 gennaio 1565 (s.c.) invece Ghini commissiona a Matteo Inghirami di Pietrasanta diversi alberi da frutto per un giardino da organizzare.
Alcune loro qualità si trovano anche oggi. Non è possibile però accertare se, dopo quasi cinque secoli, siano veramente corrispondenti:


[...] «Havendo disegnato di fare qui in Pisa un giardino vi commettiamo che cerchiate di comperare fino alla somma di dugento piante d’aranci grossi da piantare a piantoni et fino a 240 trovandone tanti et parimente dugento piante di limoni di buona sorte che in fra Massa et Pietrasanta li doverrete trovare [...] Così vorremo ci provedessi tredici nesti [innesti] di pere buoncristiane et 12 nesti di ciriegie moscadelle et cento piante di pesche di quatro sorte cioè 30 di cotogne del nocciolo rosso, 22 duracine bianche di buona sorte, 22 di pesche noce duracine espiccatoie e 26 lucchese di bella sorte et questi nesti di pere ciriegie et peschi trovati ce li mandarete qui con diligentia facendo e fasci legati et rinvolti con la paglia di per sé, sorte per sorte, con una poliza [biglietto] sopra ciascuno fascio che dica che frutti sono et di tutto quello che bisognassi spendere ne sarete provisto da ms. Tommaso Medici indirizando tutto qui a ms. Zanobi Marignolli i frutti di mano in mano et non a un tratto et li aranci et li limoni ce li movete, advertendo di mandare che non piova» [...]».

Paola Ircani Menichini, 7 ottobre 2020.
Tutti i diritti riservati.


Le due lettere sono riportate in internet nel Medici Archive Project; l’originale della prima è digitalizzato.

Le fotografie delle piante e dei frutti sono state prese tra quelle in internet di pubblico dominio. Gli erbari rappresentati nella testata non appartengono a Luca Ghini.

Il suo ritratto sempre testata si trova nel Museo dell’Orto Botanico di Pisa.