"Il fiero nemico de' frati" (S. Francesco di Pisa)
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Il "fiero nemico de' frati"
(S. Francesco di Pisa)

Nel 1211, secondo la tradizione agiografica, San Francesco fu a Pisa e venne bene accolto dai cittadini che ne seguirono con devozione le prediche.
Ebbe anche qui i suoi frati seguaci che dapprima si stabilirono in una piccola casa con chiesa presso le mura e dopo ottennero dai canonici regolari di Sant’Iacopo in Orticaia i vicini edifici della SS. Trinità.
Nate però delle difficoltà, solo nel 1247 presero possesso delle case e della chiesa.
Nel 1254 ne ottennero la conferma.
Negli anni ‘60 del secolo quindi fecero iniziare la costruzione della chiesa e del convento attuali e ad essi seguirono gli abbellimenti che ancora oggi è possibile ammirare.

La chiesa ebbe una sua Opera.
Uno scritto del padre Ludovico Nuti da Portoferraio (1627-1668) fa memoria nel 1431 della sua fondazione per la manutenzione dei tetti e di altre strutture: questo perché – si dice – “per causa delle guerre, e peste ad effetto che i beni della lor chiesa, e convento non andassero a male”.
Per costituirla i frati si presentarono dinanzi ai Priori cittadini in compagnia di “quattro gentilhuomini lor amorevoli”, e supplicarono la concessione della suddetta istituzione che doveva essere gestita da “persona profana”, che “non havesse figlioli, vestisse di bigio” e fosse obbligata a ottemperare a varie condizioni, come quella di rendere conto ogn’anno della sua amministrazione.
Passò il tempo e tutto andò tranquillamente fino al 1520 quando il Comune, con il pretesto della lunga e tremenda guerra (1494-1509) che aveva impedito i rendiconti amministrativi e lasciato in vita uno solo dei “gentiluomini”, si arrogò la giurisdizione dell’Opera e il diritto di eleggere l’operaio, seppur convocando i frati allo scrutinio.
O come scrive sempre il p. Nuti :
“I priori di Pisa ... hanno preteso che detta opera in proprietà sia loro, et perciò, fino a questo giorno, hanno alienato beni, restituito i depositi agl’operai, lasciato adietro molti debitori, fatte molte spese in altri usi fuori del convento, et chiesa di San Francesco, strascinati molti beni, et fatte fabbriche non necessarie, né in sua diffesa sanno allegare altro che quella loro ordinatione fatta da loro nel 1520 ...”.

Nel 1665 i frati ebbero ulteriori ragioni per lamentarsi.
Sempre il p. Nuti, che quest’anno era il guardiano del convento, redasse una bella e curiosa cronaca che riportiamo interamente per il contenuto e la sua eleganza di scrittura:
“A dì XI di ottobre 1666 pisano [= 1665] Ricordo che la mattina del dì suddetto, che fu domenica, ottava del P. S. Francesco [ = festa 4 ottobre], morì il cavalier Francesco Agostini operaio del nostro convento. Morì, e fu sepolto in sua villa presso a Marti. Mentre visse fu il peggior operaio, che dall’istitutione dell’Opera in qua habbia havuto il convento. Si mostrò in tutte l’occasioni fiero nemico de’ frati. Ci privò de’ medicinali, e d’una botte di vino ogni mese, che l’Opera soleva pagarci per 70 anni indietro, o circa. Lasciò la nostra sagrestia spogliata affatto di sagri utensili. Tentò di voler tenere le chiavi del convento. Malignò appresso i superiori alcuni frati. Pretese di voler distribuire le camere. Demolì e gettò a terra il dormitorio maggiore con la chiesa vecchia della Trinità. Procurò di occupare l’orto della Piazza. Godeva che i frati vivessero tra’ calcinacci, e rovine. Restò di dare alla chiesa una muta di ceri l’anno. Essendo stato rubato un pezzo di baldacchino, rihebbe i denari, e non lo rifece. Essendo state lasciate 300 lire per finire le camere cominciate a canto alla chiesa, consumò i denari senza finirle. Mutò l’uscio della stalla, e fece aprirlo nella parti interne del convento. Volse che i luoghi comuni [= servizi igienici] stessero più esposti, che non erano, acciò si vivesse tra ‘l fetore. Indugiò semestri interi a dar l’olio per le lampade con disconcio del convento, e vergogna della chiesa.
Non rifinò mai di accusarci appresso i p(ri)n(cipa)li, che volevano usurpare le giurisdittioni dell’Opera. In ogni luogo sparlava di noi, come di persone infami, calunniandoci con varie imposture, e formandoci memoriali contro. Li guardiani, a suo tempo hebbero più brighe per difender il convento, e se stessi. Occupò al convento la maggior parte delle stanze, e siti terreni per farne magazini. E fece in somma tanto male, che giunse a termine di trattare, che ci fosse levato il convento. Dio lo rimeriti secondo l’opere sue. Fomentò le brighe che i frati hebbero co’ fratelli della compagnia di S. Antonio di Padova. Fu autore, che i predetti fratelli contro la volontà de’ frati cominciassero le stanze per farsi una sagrestia dirimpetto alla nostra. Et essendosi guasto l’organo, lo fece stare più di tre anni senza sonare, e così lo lasciò.
Altro di lodevole non fece, se non che il venerdì sopradetto cominciò a esporre solennemente la santa croce di cristallo, ove è il legno della Croce di Cristo.
Fece far i numeri a gran parte delle sepolture, fece far i rastrelli [= cancelli] alle porte che di convento vanno in chiesa, e la seconda porta principale del primo chiostro con la porta del Portone.
Frater Ludovicus Nutus ad posterorum memoriam”.

Una nota del 20 ottobre, aggiunta sempre dal p. Nuti, ricorda che, “chiamati da i pubblici donzelli”, quattro frati intervennero all’elezione del nuovo operaio nel Palazzo del Comune: lo stesso p. guardiano, il p. maestro Anton Francesco Orsati di Pisa, il p. fra Francesco Bucchi di Pisa, e il padre fra Marcantonio Fazzini da Campiglia del convento di Pisa.
Tra i candidati restarono “vinti” Tommaso Mosca, Andrea “Boetii”, e Cammillo Zucchetti.
Fu tra i proposti anche il priore Francesco Seta (il nipote del precedente?), “ma vi fu chi si oppose e non andò a partito, chol pretesto che aveva moglie e figlioli, il che era contro gl’istituti fondamentali dell’Opera, e pure il predetto Boetii haveva figlioli, e niuno se gli oppose, e si fece contro la legge”.
Il 27 ottobre ci fu una nuova convocazione, “per istanze fatte a Firenze dal prior Francesco Seta”, che non si era rassegnato a essere escluso.
Intervennero nel Palazzo del Comune il p. guardiano Nuti e il p. Orsati, il p. Vincenzo Cininei da Lorenzana, e il p. fra Francesco Maria Pardini da Camaiore.
Il Seta fu proposto tre volte e messo a partito e “mai restò vinto”.
Furono presentati altri candidati e nessuno di loro ebbe voti sufficienti.

Paola Ircani Menichini, 28 febbraio 2020.
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Parte del ricordo del p. Ludovico Nuti.