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Viaggi e delitti d'altri tempi

Terza puntata della traduzione delle Lettere agli amici tedeschi di un viaggio attraverso l’Italia, Altona 1824, di Wilhelm Christian Müller, musicista e insegnante di Brema (+ 1831). [Vedi anche “Tedeschi e organisti a Roma nel 1821” (8 marzo 2019) e “Primavera a Roma nel 1821” (24 maggio 2019)].

Nel brano considerato Müller descrive l’Italia come una terra ‘aperta’, percorsa in lungo e in largo da una nutrita folla di viaggiatori, tra i quali gli immancabili e facoltosi globe–trotters stranieri e le ladies scortate da gentiluomini e servitù.
Con acuto spirito di osservazione riporta il suo punto di vista sui pregi e difetti degli italiani, in relazione proprio ai tanti personaggi itineranti. Ricorda la varietà degli abitanti di un paese unico per la storia e i monumenti, moventi delle escursioni, la giovialità della gente di campagna, e poi ... il rovescio della medaglia: la malvagità (Schlechtigkeit) – furti e mendicità aggressiva –, perpetrata dai furfanti e dai ragazzi organizzati e appostati presso le locande e nei centri di sosta. Rammenta anche come i viaggiatori reagiscano fuggendo a gran carriera verso una qualunque città “prossima”. Riferisce il commento di un inglese (senza nome), per il quale la presa di possesso da parte di predoni e di mendicanticiceroni di un villaggio e la sua rovina sono da attribuire alla sosta nella locanda degli stessi giramondo danarosi, in aggiunta ai cattivi preti e alla mancanza di educazione (als die Pfaffen und der Mangel an Bildung).
Il musicista riporta i suoi punti di vista all’arrivo in Toscana, sul finire del giugno 1821. Il giudizio sul granducato comunque è positivo.

[...] Più ci si avvicina a Firenze, migliori diventano le persone, la lingua, la cultura del paese. Si vedono persone vestite con garbo e non si è circondati da mendicanti e ragazzi furfanti. L’ospitalità è più conveniente. – Le acque di montagna sono regolate e condotte tramite canali per l’utile irrigazione; vengono apete nuove ingegnose strade e ponti; il cibo è ricco, lo aumenta il buon vino che è portato a Firenze con dovizia; pesche e altri frutti nobili sono coltivati artificialmente e spesso ho notato alberi di melo, che ho visto poco nell’Italia meridionale.
[...] A Monte Varchi c’era il mercato della seta, nel quale, intorno alla festa di San Giovanni, i contadini portano i loro bozzoli, li versano a mucchi sul luogo, li vendono a filatori e acquirenti e con i soldi in mano soddisfano altre esigenze. Nella locanda abbiamo trovato l’incantevole Palmezia, la garbata ragazza padrona di casa che Friedländer [Ludwig Hermann Friedländer + 1851, viaggiatore] menziona in modo tanto lusinghiero, e riguardo alla quale provava una sincera, timida gioia. Era diventata una bella ragazza e da poco una sposa; ci ospitò con burro eccellente e buon pane per il caffè. Da questa piccola città, ci si volge alle strade verso i monti che racchiudono la bella Valle dell’Arno.
Tra Incisa, dove passammo l’ultima notte, e Firenze una forte pioggia ci costrinse a San Donato su un’altura da dove si può già vedere Santa Maria del Fiore nell’amena pianura; abbiamo consumato il pasto di mezzogiorno nella taverna di un contadino, e non abbiamo disdegnato di sederci vicino a un fuoco ardente. Ancora una volta abbiamo visto la pura naturalezza e la bontà d’animo della gente di campagna italiana. In tali locande popolari, dove non giungono i signori, si vedono sempre nuove scene. Ora arriva un robusto prete di paese con la testa calva e la faccia luccicante su un gran bell’asino, la sua fedele perpetua sopra un secondo asino e dietro un magro guidatore di asini – quindi un fittavolo o una grassa fruttivendola su un carro a due ruote – accanto a lei un allegro frate mendicante barbuto caricato con una borsa – nel mezzo, si affollano facce oneste o birichine – e tutti sono pieni di battute e buon umore. Le cose sono completamente diverse nelle stazioni di posta e negli affollati alberghi delle città, specialmente di quelle intermedie.
Ora arriva una lady con 5–6 compagni davanti e dietro sugli alti sedili della comoda vettura da viaggio – poi un ufficiale con un pennacchio alto e una sciabola rumorosa – un attore loquace – una suora timida con gli occhi penetranti sotto il velo – tra qualche borseggiatore in agguato e qualche spia dei predoni da strada – che accompagnano i cavalleggeri e che servono da segnale sicuro per coloro che hanno qualcosa da pescare – qui risuona, là grida: Principe, Monsieur, Marchese, Signor Inglese, Altezza, ’Cellenza: – l’uno con l’altro – a nessuno importa dell’altro – uno sciocco ruota intorno all’altro – si chiedono ducati – si estorce la metà – mucchi di ciceroni e mendicanti si affollano in diverbio attorno al carro – si esige impetuosamente dalla servitù, le mani aperte, una “mancia”.
Alla fine, i signori stanno nella vettura ben chiusa – il postiglione insegue bellamente la città successiva; la pioggia non li ferma o li costringe a entrare in una bettola contadina; non c’è occasione di interagire con loro a piedi o sull’asino o di fare una deviazione verso una bellissima valle vicina. Simili mucchi di fannulloni, astuti ciceroni, bambini che chiedono l’elemosina – come quelli delle piccole città italiane sulle strade della posta, non si trovano in nessuna altra terra, perché nessun paese è percorso così tanto. I viaggiatori potrebbero avere così tanta colpa della malvagità di questo popolo, come i cattivi preti e la mancanza di educazione. Un inglese ha affermato: "Una locanda, dove le carrozze dei viaggiatori si fermano, rovina un intero villaggio". [...].

Traduzione di Paola Ircani Menichini, 30 agosto 2019.


Wilhelm Christian Müller, Briefe an deutsche Freunde von einer Reise durch Italien, über Sachsen, Böhmen und Oestreich 1820 und 1821 geschrieben und als Skizzen zum Gemälde unserer Zeit, Altona 1824, pp. 964–966.

“Je näher man Florenz kömmt, desto schöner werden Menschen, Sprache, Landeskultur. Man sieht artige wohlgekleidete Leute, und ist nicht von Bettlern und Spitzbuben umringt. Die Wirthe sind billiger. – Die Bergwasser werden in Schranken gehalten, und durch Kanäle zu nützlicher Bewässerung angewandt; neue Kunststraßen und Brücken sind angelegt; das Getraide steht üppig, es wächst guter Wein, dessen Ueberfluß nach Florenz gefahren wird; Pfirschen und andere edle Früchte werden künstlich gezogen, und Aepfelbäume, deren ich im südlichen Italien wenig sah, bemerkte ich häufig.
[...] In Monte Varchi war Seidenmarkt, auf welchen um Johanni die Bauern ihre Kokons bringen, in Haufen auf dem Markte aufschütten, an Spinner und Aufkäufer verkaufen, und mit dem gelösten Gelde sich andere Bedürfnisse einhandeln. Im Wirthshause fanden wir die holde Palmezia, die artige Wirthstochter, deren Friedländer so schmeichelhaft erwähnt, worüber sie eine herzliche verschämte Freude hatte. Sie war eine hübsche Jungfrau und gerade Braut geworden; sie bewirthete uns mit vortrefflicher Butter und gutem Brode zum Kaffee. Von dieser kleinen Stadt man wendet sich die Straße an den Bergen hin, welche das schöne Arnothal umschliessen.
Zwischen Incisa, wo wir die letzte Nacht zubrachten, und Florenz nöthigte uns ein starker Regen in S. Donato auf der Höhe, wo man in der lustigen Ebene schon S. Maria del Fiore erblickt, in einer Bauerschenke noch ein Mittagsmahl zü suchen, und wir verschmähten nicht, uns an ein loderndes Feuer zu setzen. Hier sahen wir noch einmal die reine Natürlichkeit und Gutmüthigkeit des italiänischen Landmannes. In solchen gemeinen Locanden, wo Vornehme nicht einkehren, giebts neue Scenen. Jetzt kömmt ein feister Landgeistlicher mit seinem Glatzkopf und glänzendem Gesichte auf einem stattlichen Esel, seine getreue Haushälterin auf einem zweiten und ein magerer Eseltreiber dahinter – dann ein Pachter oder eine dicke Gemüsehändlerin auf einem zweiräderigen Karren – neben ihr ein lustiger bärtiger Bettelmönch mit dem Queersack beladen – dazwischen drängen sich ehrliche oder spitzbübische Gesichter durch – und alle sind voller Späße und guten Humors. Ganz anders geht es in den Posthäusern und vielbesuchten Albergen der Städte, besonders der mittleren, her.
Jetzt kömmt eine Lady mit 5–6 Begleitern vorn und hinten auf hohen Sitzen des bequemen Reisewagens – dann ein Officier mit hohem Federbusch und klirrendem Säbel – ein geschwätziger Schauspieler – eine schüchterne Nonne mit stechenden Augen unterm Schleier – zwischen durch lauern Taschendiebe und Kundschafter von Straßenräubern – begleitende Dragoner, welche jenen zum sichern Signal dienen, wo etwas zu fischen ist – hier klingelt’s, dort schreit’s: “Principe, Monsieur, Marchese, Signor Inglese, Altezza, ‘Cellenza” durch – einander – keiner kümmert sich um den andern – ein Narr läuft den andern um – Ducati werden gefordert – die Hälfte dringt man ab – Haufen von Ciceronen und Bettlern drängen sich mit Zank um den Wagen – die Dienerschaft verlangt ungestüm, die Hände ausstreckend, eine “Mancia”.
Endlich sitzt die Herrschaft im wohlverschlossenen Wagen – der Postillion jagt wie toll zum nächsten Städtchen; kein Regen hält sie auf, oder nöthigt sie in eine Bauernkneipe – es giebt keine Gelegenheit sich mit Begegnenden zu Fuß oder zu Esel zu unterhalten, oder einen Abstecher in ein schönes Nebenthal zu machen. Solche Haufen von Müssiggängern, pfiffigen Ciceronen, bettelnden Kindern – als in den kleinen Städten Italiens an den Poststraßen, findet man wohl sonst in keinem Lande, denn keines wird so viel bereist. Die Reisenden mögen an der Schlechtigkeit dieses Volks so viel Schuld haben, als die Pfaffen und der Mangel an Bildung. Ein Engländer behaupttete: “Ein Wirthshaus, wo die Kutschen der Reisenden anhalten, verderbe ein ganzes Dorf”. [...]”.