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Capitan Ulisse – Volterra 28-29 luglio 2009, ore 21,30, Teatro Romano
L'Ulisse di Savinio vive compiutamente
un'Avventura multicolore, vuoi per i costumi, le scene, le musiche, vuoi
per i toni, i passaggi, un teatro sperimentale all'epoca ma forse anche
oggi, insuperato nella raffinatezza letteraria e dialogica,
insuperato nell'assemblamento di generi.
Quello che Heiner Muller farà coi testi e
sottotracce, Savinio lo fa coi generi in un delirio onirico e ancestrale
tipico anche della sua pittura. A momenti lo spettacolo può risultare
esilarante, a momenti cupo, drammatico. Si passa dal voudeville al dramma
pirandelliano attraverso atmosfere da Operetta e Varietà.con scene che
richiamano il cinematografo muto e forse anche l'Opera lirica...
Un testo difficilissimo sul piano
interpretativo difficile anche su quello percettivo da parte del pubblico
di allora, fin troppo d'avanguardia si direbbe oggi. Visivamente citiamo
Pirandello il suo Uomo dal fiore in bocca, Euriloco inconsapevole
osservatore delle vite altrui nell'isola di Circe e l'avventore -
spettatore che risponde a monosillabi alle trasognanti descrizioni del
personaggio, forse c'è il richiamo di Fellini o meglio forse Fellini
attinge a Savinio e al surrealismo. Da questa commistione di generi non è
esente lo stilema recitativo del cinema muto, delle Dive - Femme Fatal
alla Bertini e il suo attaccarsi alle tende piuttosto che le aleggianti
mani della Grilli o i collier di serpenti della Casati.
C'è parodia, ma non solo dei personaggi
dell'Odissea, i quali hanno una sottotraccia divertita e sbeffeggiante del
mondo di allora e i suoi intellettuali, i suoi artisti i suoi meccanismi
politici e culturali Ulisse è l'uomo moderno disorientato da un femminismo
ante litteram, disorientato dagli agi pre capitalistici e borghesi della
sua condizione di sovrano, un uomo aristocratico nel senso più alto del
termine, un uomo di pancia, di avventura che vaga alla ricerca del senso
della vita, alla ricerca dell'amore e di una donna che racchiuda in se
tutte le sue sfaccettature l'eros, la sensualità la maternità. Ma ovunque
approderà non sarà sufficiente alla sua smania di vivere di ricerca di un
riferimento (la Fede?) E' qui il dramma che riprende Pirandello e lo
amplifica, Ulisse eroe, aggettivo che equivaleva, secondo l'autore, a un
nostro commendatore, con determinata pacatezza decide che la sua vita è
ricerca è anonimato è fuggire da tutto e da tutti, con eorismo è vero ma
soprattutto con grandiosa e rassegnata umanità. Avevo un debito con
Savinio: risale agli albori della mia formazione teatrale, mi è sempre
piaciuto il suo stile di scrittura sagace, elegante, divertente, colto.
Avevo un debito con Savinio: la sua
definizione del teatro Avventura Colorata fu il nome che scelsi per la
nostra compagnia riunendolo in un modus grafico che assemblasse sostantivo
e aggettivo. Il teatro è la vita ideale, dove si vivono vite e avventure e
dove ci si dispera si piange e si muore, è vero, ma solo provvisoriamente,
per rialzarsi alla chiusura del sipario pronti a vivere un'altra vita,
un'altra avventura; il teatro è forse un modo per vivere e assaporare la
propria immortalità...
Ho voluto calarmi nei panni di Savinio, nel
suo autismo artistico, nei suoi multiformi linguaggi espressivi, nella sua
proteiformità, per cercare di capirlo a fondo, di entrare nel suo modo di
pensare, nel suo mondo colorato, per cercare di riuscire a farlo
apprezzare, restituirlo al pubblico. Per questo ho pensato di dare alla
messa in scena una sorta di artigianalità, una sorta di filodrammaticità,
per contrapporsi all'asettico e vuoto estetismo di molte messe in scena
contemporanee. Ho voluto riscoprirne il divertimento l'ironia del dire e
del rappresentare, lo sberleffo, l'iperbole ironica, tanto cara a noi
toscani, per raccontare un dramma esistenziale antico... Tutto questo
supportato dallo splendido lavoro dei ragazzi della NABA coadiuvato dalla
creativa professionalità di Alice de Bortoli, e dai loro supervisori,
grandi artisti, come Margherita Palli, AJ Weissbard e Liuba Popova che ci
hanno onorato del loro prezioso contributo. Il lavoro preparatorio delle
nostre messe in scena è sempre durato in media tre anni prima di essere
presentato al pubblico. Per un testo come questo forse non ne sarebbero
bastati sei.
Abbiamo avuto difficoltà tecniche,
economiche, defezioni, problemi di varia natura, che in una compagnia
senza mezzi e risorse come la nostra, diventano quasi insormontabili:
ritengo che lo spettacolo abbisogni ancora di un sostanziale periodo di
perfezionamento, è lacunoso nelle memorie degli attori e nei ritmi che
vorrei avesse, ha molte sbavature. Ho deciso di andare in scena lo stesso
in forma di work in progress, perchè lo sforzo produttivo, i ragazzi della
NABA, le istituzioni e gli artisti coinvolti non vanificassero il proprio
lavoro, e soprattutto perchè la percettibilità e la godibilità dello
spettacolo se ad oggi, nel momento in cui sto scrivendo queste righe, non
è ancora come vorrei (ma potrebbe diventarlo da qui al giorno della
rappresentazione, in teatro tutto l'irrazionale è consentito) è comuque
già godibile e leggibile e forse potrebbe sortire quell'effetto d'artigianalità
più spontaneo e vero. Siate plaudenti e clementi
Simone Migliorini