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Le botteghe sulle “scalee” e nel “chiasso delle Forna”
(San Michele in Borgo di Pisa)

Le scalee del titolo sono i gradini davanti alla chiesa di San Michele in Borgo di Pisa.
Le “forna” erano i panifici presenti in uno dei vicoli adiacenti.

Siamo nell’ultimo ventennio del Quattrocento.
Nella zona le diverse botteghe dei camaldolesi di San Michele risultavano concesse agli artigiani con i due principali tipi di contratto: 1) di livello – se i richiedenti si impegnavano per più linee o generazioni; 2) o di pigione – se, forse a causa di una dimora temporanea, gli stessi non volevano accollarsi l’onere per i loro discendenti.
La situazione in verità sarebbe cambiata dopo la guerra contro Firenze (1494-1509) e le botteghe sarebbe state conferite di preferenza a pigione.
La spiegazione? Forse la città era diventata più povera e con minor prospettive di sviluppo per gli artigiani desiderosi di stabilità, o forse altri erano i motivi ...
Nei tempi quieti dell’ultimo ventennio del Quattrocento comunque gli edifici abitati dai laboriosi artigiani erano (tra parentesi i confini principali):
– la bottega con torre “con più solai et boctegha di rieto ... et dinanzi uno porticho in volta, et così la botegha” (capo in Borgo), data a livello a Agostino di Niccolaio di Filippo e al fratello Tommaso per tenervi la spezieria (= laboratorio-farmacia) dal 2 marzo 1478.
– La bottega in volta con portico “con cucina et pozzo di rieto” (capo: in Borgo, capo: cimitero di San Michele, lato: chiesa), concessa a Piero di Giovanni e a Romolo compagno da Firenze per bottega di spezieria dal settembre 1484 e a Iacopo Turco barbiere e a Niccolaio suo figlio dal novembre 1487.
– La bottega di calzolaio accanto.
Su di essa si legge: “Una botegha con un solaio posto qui in sulle schalee di chiesa” (capo: via di San Michele, capo: chiesa, lato: scalee dinanzi alla chiesa, lato: Iacopo barbiere detto “Turco”).
Venne data a livello al calzolaio Agostino di Perone del Grasso di Spezia nel novembre 1488.

Agostino naturalmente era soprannominato lo “Spetino”, cioè lo spezino e aveva una moglie dal bel nome di Smeralda figlia di Bartolo da Montelupo.
Ingrandì in modo inconsueto la sua attività nell’ottobre 1493 (stile pisano) quando prese a livello dai monaci un’altra casa con solai, chiostra, orto e frutti a San Lorenzo alla Rivolta, vicino alla bottega di Francesco pianellaio (le pianelle erano scarpette basse senza lacci, anche di lusso).
Era stato infatti indicato ai monaci da Tommasino, fratello del calzolaio Bartolomeo di Iacopo della Guglia perché, rimasto solo, aveva rinunciato al livello con il patto proprio della sua concessione ad Agostino.
Nell’ottobre 1515, invece, fu il nipote di Spezino, di nome Battista di Matteo del Grasso, che si associò alla bottega delle scalee.
Qui si ricordava anche:
– la bottega del sarto accanto alla spezieria “allato alle schalee della nostra chiesa di verso mezo dì” (= a sud, capo: via di San Michele, “cioè in Borgho”, capo: chiassetto “che ene tra la chiesa e magazini”, lato: bottega di speziale tenuta da Agostino di Niccolaio di Filippo, lato: chiesa).
Fu concessa dal novembre 1486 a maestro Bernardo di Bartolo sarto da Montelupo (il fratello di Smeralda?), e dopo la sua morte, a causa della guerra, tornò “a pigione”.

Le case e le botteghe ricordate nel chiasso delle Forna invece erano:
– la casa in volta con forno “con due solai et farinaio col solaio et pozzo le quali sono case due apicchate insieme” (capo: chiasso “de’ Forni”, capo: via “o vero” chiasso), concessa a livello a Gabriello di Michele di ser Giovanni da Calci fornaio dal luglio 1480.
– La bottega accanto (lato: “in via chiamato chiasso delle Forna”), condotta da Manfredi di Giovanni da Parma calzolaio dall’agosto 1477.
La sua linea di livello finì anch’essa per causa della guerra.
– La casa con forno con due solai e mezzo (capo: chiasso delle Forna, capo “via o veramente chiasso”, chiasso mediante in volta), data al calzolaio Andrea di Ridolfo della Magna (= Germania) da circa il 1484 e poi concessa a vita a Caterina di Giorgio di Bruggia (= Bruges nelle Fiandre?), commessa del monastero nell’ottobre 1509.
– Due case con due solai unite insieme (capo: detto chiasso, capo: via “o veramente chiasso che oggi ene murato e non è più via et è apiccato decta via murata a una corte di decto monasterio”), allivellate agli eredi di Ciolo, cittadini pisani dal luglio 1484.
Ad esse fu aggiunta nel gennaio 1490 la chiostra dietro (lato: via “nella quale v’è un pozzo che ane il pozale di marmo”), “la quale chiostra si chiamava già il Cellieri del Pellegrino”.

C’erano poi: – la casa e la bottega presso il cimitero divise in:
1) la bottega e la chiostra (capo: casalino scoperto, capo: Borgo di San Michele, lato: chiasso delle Forna, lato: parte cimitero e parte bottega appigionata a Gherardo Loffo); 2) la casa di sopra (capo: chiasso delle Forna per insino alle “grada della chiesa”, lato: in Borgo, lato: cimitero), concessa a Francesco di Cristoforo dei Buonuomini da Cremona nel dicembre 1493.
Anche per questa non restò nessuno della linea di discendenza a causa della guerra.

Era adiacente a San Michele, “allato alla porta che entra in casa” (= nel monastero), anche la sede dell’arte degli speziali, che per tenerla pagavano il censo di 3 libbre di cera lavorata da corrispondere l’ultima domenica d’aprile: “della quale sono a fare la festa del beato Domenicho [Vernagalli] all’altare che ene allato alla sagrestia dove ene il corpo suo”.
L’arte doveva dare inoltre una soma di mortella e un capretto buono, grosso e grasso “per refectione de’ monaci”.
Il contratto era stato scritto il 27 gennaio 1485.
Così il religioso amministratore riporta e aggiunge sotto che anche per la festa dei Santi Cosimo e Damiano di settembre l’arte doveva dare a San Michele una libbra di “pinochiati” (= dolci di zucchero e pinoli), due “piccie di pan biancho”, due fiaschi di “razese buono” (= vernaccia della Cinque Terre), una soma di mortella e 40 soldi di denari.

La sede della compagnia di Sant’Orsola invece si trovava “sotto la Badia, la quale ene stata conceduta a molti homini che erano della compagnia di Sancta Orsola e questa che ene titolata in Sancta Orsola e San Bastiano”.
Era l’anno 1488, l’atto fu rogato ser Bernardino del Pitta “notaio di casa”; il censo da pagare consisteva in 4 libbre di cera lavorata e in un paio di capponi.

Paola Ircani Menichini, 28 giugno 2019.
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In alto: la bottega con torre nel Borgo di San Michele; in basso: la bottega sulle scalee.